La rivoluzione della mano bionica: un’intelligenza che sorprende

La rivoluzione della mano bionica: un'intelligenza che sorprende

La rivoluzione della mano bionica: un'intelligenza che sorprende

Giada Liguori

Dicembre 10, 2025

Salt Lake City, 10 dicembre 2025 – Una mano bionica che “pensa” da sola, regolando la posizione delle dita e la forza con cui stringe, senza che chi la usa debba concentrarsi su ogni singolo movimento. È la novità messa a punto dai ricercatori dell’Università dello Utah, che hanno provato la nuova protesi su nove volontari sani e quattro persone con amputazioni tra polso e gomito. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, apre una strada concreta per chi, dopo aver perso un arto, deve lottare ogni giorno con le limitazioni delle protesi tradizionali.

La mano bionica che “collabora” con chi la usa

Al centro di questa nuova mano bionica c’è un sistema basato su intelligenza artificiale, che lavora a fianco dell’utilizzatore. Jacob George e Marshall Trout, a capo del progetto, spiegano che il dispositivo è dotato di sensori di pressione e di vicinanza sulle punte delle dita. Questi sensori raccolgono in tempo reale informazioni sull’ambiente e sugli oggetti da prendere. Un algoritmo – una rete neurale addestrata su centinaia di movimenti – interpreta quei dati e decide come muovere le dita per compiere azioni precise: afferrare una tazza, stringere una mano, prendere una penna.

“L’obiettivo era far tornare quella naturalezza che chi ha tutte le dita dà per scontata”, dice George. “Con le protesi tradizionali, ogni gesto richiede un grande sforzo mentale. Qui, invece, il controllo è condiviso: la macchina capisce cosa vuoi fare e ti aiuta a farlo”.

Prove sui volontari: movimenti più fluidi, meno fatica

Nei test, i ricercatori hanno coinvolto sia persone senza amputazioni sia pazienti con amputazioni tra polso e gomito. Le prove si sono svolte nei laboratori dell’Università dello Utah, con tavoli pieni di oggetti comuni – bicchieri, libri, piccoli attrezzi – e telecamere che riprendevano i movimenti delle mani artificiali. I risultati hanno mostrato che questa mano bionica intelligente permette di muoversi in modo più naturale e spontaneo rispetto alle protesi tradizionali.

I dati parlano chiaro: i volontari hanno impiegato meno tempo per afferrare oggetti di varie forme e hanno raccontato di sentirsi molto più in controllo. “Non dovevo pensare a ogni dito”, ha detto uno dei partecipanti con amputazione. “Sembrava che la mano sapesse già cosa fare”.

Uomo e macchina: un dialogo costante

Il segreto della protesi sta in un dialogo continuo tra uomo e macchina. Da un lato, l’intelligenza artificiale legge i dati dei sensori e aggiusta i movimenti; dall’altro, il sistema interpreta i segnali elettrici che arrivano dalla pelle o dai muscoli residui – i cosiddetti segnali mioelettrici – per capire cosa vuole fare la persona.

Così, l’utente non si sente mai lasciato solo dalla tecnologia. “La mano non si muove mai in modo completamente indipendente”, precisa Trout. “Chi la usa può sempre intervenire, correggere o fermare il movimento”.

Tra sfide e speranze: cosa ci aspetta

Questa ricerca segna un passo avanti importante nel campo delle protesi robotiche, ma non mancano le difficoltà da superare prima che la tecnologia possa diffondersi su larga scala. I ricercatori stanno lavorando per ridurre ulteriormente le dimensioni dei componenti elettronici e per adattare il sistema a diversi tipi di amputazione. Finora, la protesi è stata testata solo in laboratorio e su un numero limitato di persone.

“Ci vorrà ancora tempo prima che queste mani bioniche arrivino sul mercato”, ammette George. Ma la strada è chiara: “Vogliamo restituire non solo la funzionalità, ma anche la spontaneità dei gesti di tutti i giorni”.

Una rivoluzione per la riabilitazione

Gli esperti sono convinti che unendo intelligenza artificiale e segnali biologici si potrà cambiare davvero il modo di progettare le protesi del futuro. “È un salto di qualità”, spiega un fisiatra del centro riabilitativo di Salt Lake City. “Non si tratta più solo di sostituire una parte mancante, ma di creare un’interazione naturale tra corpo e tecnologia”.

Per chi ha perso un arto – e ogni giorno deve pensare a come prendere una chiave o allacciare una scarpa – anche un piccolo passo verso la naturalezza può fare una grande differenza. E questa nuova mano bionica intelligente, almeno nei primi test, sembra proprio andare in quella direzione.