Roma, 11 dicembre 2025 – La cucina italiana entra ufficialmente nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. La decisione è arrivata all’unanimità dal Comitato intergovernativo dell’Unesco riunito a New Delhi. Un riconoscimento storico: è la prima volta che una cucina nazionale viene premiata nella sua interezza. Nella sala della capitale indiana, dove si valutavano sessanta dossier da cinquantasei Paesi, la notizia ha scatenato un lungo e caloroso applauso. Perché? Secondo l’Unesco, la cucina italiana “favorisce l’inclusione sociale e promuove il benessere”, incarnando tradizioni, legami affettivi e radici profonde.
Un riconoscimento che parla di identità e condivisione
Il Comitato Unesco ha spiegato che il “cucinare all’italiana” è molto più di un semplice modo di preparare i piatti. È, si legge nella motivazione, “un’attività collettiva che mette al centro il rapporto intimo con il cibo, il rispetto per gli ingredienti e i momenti condivisi intorno alla tavola”. Una pratica che si trasmette di generazione in generazione, dove tutti si scambiano ruoli e compiti senza rigide regole. In Italia, in cucina, non ci sono barriere: chiunque può partecipare, imparare e insegnare. Così si rafforzano legami familiari e sociali, si tramandano ricordi e saperi.
Per l’Unesco, la cucina italiana è anche un modo per “abbattere barriere culturali e generazionali”, offrendo un percorso di apprendimento continuo. Ricette anti-spreco, attenzione agli ingredienti locali, convivialità: sono questi i punti che hanno convinto la commissione internazionale.
Il dossier italiano e il ruolo delle istituzioni
Dietro la candidatura c’è un dossier curato dal giurista Pier Luigi Petrillo, che ha messo in evidenza l’impegno delle comunità italiane negli ultimi sessant’anni. Un lavoro portato avanti da realtà come la rivista La Cucina Italiana, l’Accademia Italiana della Cucina e la Fondazione Casa Artusi. Queste istituzioni hanno saputo custodire e valorizzare un patrimonio fatto di ricette, tecniche e storie di vita.
Con questo riconoscimento, l’Italia segna un record: tra le ventuno tradizioni inserite nella Lista Unesco dei patrimoni culturali immateriali, ben nove riguardano il settore agroalimentare. Oltre alla cucina italiana, ci sono l’arte dei pizzaiuoli napoletani, la transumanza, la costruzione dei muretti a secco in agricoltura, la coltivazione della vite ad alberello dello zibibbo di Pantelleria, la dieta mediterranea, la cerca del tartufo, il sistema irriguo tradizionale e l’allevamento dei cavalli lipizzani.
Le reazioni dal mondo politico: Meloni e Lollobrigida
Non si è fatta attendere la risposta della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che in un videomessaggio ha definito la cucina italiana “il nostro ambasciatore più formidabile”. “Accompagna il turismo – ha detto Meloni – arricchisce l’offerta culturale italiana e porta in tutto il mondo il desiderio di essere presenti nei tanti luoghi che fanno dell’Italia una comunità”. Un messaggio rivolto anche agli italiani all’estero: “È un’opportunità per loro”, ha aggiunto.
Soddisfatto anche il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida. “Oggi l’Italia ha vinto, è una festa che riguarda tutti – ha dichiarato – perché parla delle nostre radici, della nostra creatività e della nostra capacità di trasformare la tradizione in valore universale”. Per Lollobrigida, questo riconoscimento “celebra la forza della nostra cultura” e diventa anche uno strumento per valorizzare ancora di più prodotti e territori italiani.
Un patrimonio vivo tra tavole e famiglie
Dietro il premio Unesco c’è una realtà fatta di famiglie che tramandano sapori antichi, contadini che custodiscono la terra, produttori che lavorano con passione. I ristoratori portano nel mondo l’autenticità italiana, spesso con gesti semplici: una pasta fatta a mano in una trattoria di Bologna a ora di pranzo, una pizza sfornata a Napoli davanti a turisti curiosi.
“Questo riconoscimento – ha concluso Lollobrigida – aprirà nuove strade per creare lavoro e ricchezza nelle nostre zone”. Ma al centro resta sempre la tavola: il luogo dove ci si incontra, si scambiano storie e si custodisce la memoria. La cucina italiana diventa così non solo patrimonio dell’umanità, ma il racconto quotidiano di un Paese che si riconosce ancora nel gesto semplice di cucinare insieme.
