Napoli, 13 dicembre 2025 – Il Tribunale Militare di Napoli ha condannato ieri il brigadiere in congedo Tommaso Tafuro a nove anni, un mese e quindici giorni di carcere militare per peculato militare continuato pluriaggravato. L’ex sottufficiale, secondo i giudici, avrebbe sottratto quasi 2 milioni di euro dalle casse del Comando Legione Carabinieri Campania. La vicenda, scoperta nel 2021 grazie a una segnalazione interna, si è conclusa con una sentenza che chiude uno dei capitoli più gravi di appropriazioni indebite nella storia dell’Arma in Campania.
La scoperta dopo il pensionamento
Tutto è venuto alla luce – raccontano fonti vicine alle indagini – quando il collega che ha preso il posto di Tafuro, appena andato in pensione, ha esaminato i registri contabili. Era il 2021, e subito qualcosa non tornava. “C’erano movimenti strani, cifre che non quadravano”, ha detto chi ha seguito da vicino le verifiche. Solo con controlli più approfonditi sono saltate fuori le anomalie: 78 assegni incassati senza diritto nel corso del tempo, una serie di operazioni che, secondo l’accusa, hanno permesso a Tafuro di mettere in piedi un vero e proprio sistema per appropriarsi delle somme gestite dal comando.
Processo e condanna
Il processo si è svolto davanti alla seconda sezione del Tribunale Militare di Napoli, presieduta dal giudice Filippo Verrone, con i giudici Fabio Dente, Gaetano Carlizzi e il capitano Francesco Morfino. Dopo la requisitoria del pubblico ministero, la corte ha riconosciuto la gravità dei fatti e ha inflitto a Tafuro una pena severa. Oltre alla detenzione, l’ex brigadiere dovrà pagare le spese processuali e ha subito la degradazione, ovvero la perdita del grado militare conquistato in anni di servizio. Un colpo che, spiegano fonti legali, pesa anche sul fronte pensionistico e sull’onorabilità personale.
L’Amministrazione chiede il risarcimento
Durante il processo, l’Amministrazione della Difesa si è costituita parte civile tramite l’Avvocatura Distrettuale dello Stato. Ha chiesto un risarcimento di 2,5 milioni di euro: due milioni per il danno economico subito e altri 500mila per il danno d’immagine. “Un colpo che va oltre la semplice perdita di soldi”, hanno sottolineato i legali dello Stato in aula. La vicenda ha infatti danneggiato la fiducia interna e l’immagine pubblica dell’Arma.
Reazioni e scenari futuri
La sentenza ha suscitato un misto di sollievo e amarezza tra i colleghi del comando campano. “Non ce lo aspettavamo da uno che lavorava con noi da anni”, ha confidato un militare che ha preferito restare anonimo. Il caso Tafuro ha spinto a rivedere i protocolli interni per la gestione delle casse e i controlli sui movimenti di denaro. “Adesso c’è molta più attenzione”, ammettono gli addetti ai lavori.
Gli avvocati difensori hanno fatto sapere che Tafuro potrebbe fare appello. Ma, viste le prove – assegni, movimenti bancari e altro – ribaltare tutto sembra difficile. Resta aperta la questione del recupero del denaro sottratto: parte sarebbe già stata spesa o trasferita su conti personali ancora da scovare.
Un caso che lascia il segno
La vicenda Tafuro, dicono gli esperti di diritto militare, è tra le più importanti degli ultimi anni per entità e modalità. “Un avvertimento per tutti”, ha detto un ufficiale della Legione Campania. Intanto, l’Arma dei Carabinieri ha ribadito l’impegno a collaborare con la magistratura e a rafforzare i controlli interni per evitare che episodi simili si ripetano.
Il processo si è chiuso ieri pomeriggio nell’aula del tribunale militare di via Foria. Fuori, poche parole. Solo qualche sguardo basso e un sentimento diffuso: la fiducia è stata tradita e ora si dovrà ricostruirla, un passo alla volta.
