Roma, 13 dicembre 2025 – I lavoratori precari del Consiglio Nazionale delle Ricerche mantengono il presidio permanente davanti alla sede centrale, in attesa che la legge di Bilancio stanzi i fondi necessari per la loro stabilizzazione. La protesta, iniziata settimane fa, coinvolge oltre tremila ricercatori e tecnici, molti dei quali rischiano di perdere il lavoro nei prossimi mesi. “Il presidio andrà avanti finché il governo non ci darà una risposta”, spiegano dal coordinamento dei precari, che si alternano giorno e notte davanti all’ingresso di piazzale Aldo Moro.
Lenzi incontra i precari: clima calmo, ma la tensione resta alta
Ieri una delegazione dei precari uniti ha incontrato il presidente del Cnr, Andrea Lenzi, insieme ai rappresentanti dei sindacati Cgil, Cisl, Uil, Anief e Anpri. Secondo chi c’era, l’incontro si è svolto “in un clima disteso”, ma la tensione sotto la superficie è palpabile. “Il presidente ha capito che la nostra protesta non è contro la dirigenza, ma chiede un impegno concreto per avere risorse nella legge di Bilancio”, racconta una portavoce del coordinamento. Lenzi ha promesso “il massimo sforzo possibile, nelle condizioni attuali”, ma i lavoratori vogliono un segnale pubblico più chiaro a favore dello stanziamento.
Contratti in scadenza: rischio fuga di competenze
Il vero problema sono i contratti in scadenza. I sindacati stimano che circa 3mila precari rischiano di uscire dal Cnr tra gennaio e giugno 2026. Per i lavoratori, sarebbe “una perdita gravissima di competenze e la fine di molti progetti di ricerca”. Ma dietro ai numeri ci sono storie di persone. Monica, 40 anni, lavora al Cnr da 13. Dopo la nascita della figlia le hanno detto che doveva “scegliere tra famiglia e ricerca”. Lei è tornata, superando un concorso, ma ora il suo contratto è di nuovo a rischio.
Vite sospese tra scadenze e incertezze
Stefano, 42 anni, e Felice, 43, sono precari da più di dieci anni. Anche per loro il futuro è un’incognita: “Abbiamo cambiato città, rimandato progetti personali – racconta Stefano – ma ogni rinnovo è una scommessa”. Caterina, 47 anni, lavora da cinque anni a un progetto del Dipartimento Pari Opportunità sulla lotta alla violenza. Il suo contratto scade a breve: “Senza continuità – dice – rischiamo di perdere dati e competenze preziose”.
Difficoltà economiche e poche prospettive
Giulia, 37 anni, studia analisi sensoriali e sostenibilità degli alimenti. Quasi metà dello stipendio le va in affitto per un monolocale a Roma. “Non vedo alternative all’orizzonte”, ammette. Flavia, 44 anni, è al Cnr da 14 e si occupa di foreste e biodiversità. I periodi senza contratto la tengono fuori dalla stabilizzazione prevista dalla Legge Madia: “Ogni volta è come ricominciare da zero”, racconta.
L’alternativa è l’estero o il settore privato
Andrea, neurobiologo di 40 anni, precario da 11, ha visto scadere il suo contratto a fine novembre. Ha partecipato alla selezione per le stabilizzazioni del Cnr. Se non sarà scelto, pensa di trasferirsi all’estero: “Non ho altre opzioni”, confessa con amarezza. Stessa situazione per Francesco, 45 anni, chimico computazionale: dopo quindici anni nell’industria privata e la chiusura dell’azienda dove lavorava, era tornato alla ricerca pubblica. Ora rischia di dover andarsene di nuovo.
Sindacati e precari chiedono risposte rapide
I sindacati presenti all’incontro hanno chiesto un intervento urgente del governo. “Non si può continuare a investire nella ricerca lasciando migliaia di persone nell’incertezza”, ha detto un esponente della Cgil. Il coordinamento dei precari chiede che la legge di Bilancio metta soldi chiari per la stabilizzazione: “Non vogliamo favori, ma il riconoscimento del lavoro che facciamo”.
Il presidio davanti alla sede del Cnr va avanti. I lavoratori aspettano segnali concreti da Parlamento e governo. Nel frattempo, la ricerca italiana rischia di perdere pezzi importanti proprio mentre il Paese parla di innovazione e futuro.
