Cimmino di Confindustria: l’Italia gioca un ruolo chiave nell’accordo Ue-Mercosur

Cimmino di Confindustria: l'Italia gioca un ruolo chiave nell'accordo Ue-Mercosur

Cimmino di Confindustria: l'Italia gioca un ruolo chiave nell'accordo Ue-Mercosur

Giada Liguori

Dicembre 14, 2025

Roma, 14 dicembre 2025 – Il futuro dell’accordo commerciale tra Unione Europea e Mercosur è appeso a un filo, e l’Italia è chiamata a un bivio che potrebbe decidere le sorti di un negoziato lungo un quarto di secolo. A lanciare l’allarme è Barbara Cimmino, vicepresidente di Confindustria per l’export e gli investimenti, che in un’intervista al Sole 24 Ore mette in chiaro: “Se l’accordo Ue-Mercosur saltasse, l’Italia si prenderebbe una responsabilità enorme, quella di aver fatto naufragare un progetto fondamentale per la crescita e la competitività europea”.

Italia, il voto che può cambiare tutto

La scadenza è vicina: entro il 20 dicembre si deve firmare l’intesa tra Bruxelles e i Paesi del Mercosur – Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay. Dopo che il Belgio si è astenuto, il voto italiano è diventato decisivo. “Il voto dell’Italia è l’ago della bilancia”, dice Cimmino, sottolineando che un no rischierebbe di far saltare “un’opportunità chiave per l’export italiano”.

Le tensioni sono aumentate dopo le parole del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha detto ieri: “Non siamo ancora convinti”. Una posizione che riflette i timori di una parte dell’agricoltura, preoccupata dalla concorrenza dei prodotti sudamericani. Cimmino non le manda a dire: “Rispetto tutti i settori, ma questa posizione ideologica e miope dell’agricoltura rischia di fare molto male a tutta l’Europa”.

Numeri e conseguenze: cosa c’è in gioco

Secondo Confindustria, l’accordo potrebbe far crescere le esportazioni europee di 50 miliardi di euro. Per l’Italia, il vantaggio stimato è di circa 14 miliardi, quasi un terzo del totale. “Stiamo parlando anche di un negoziato con l’India”, aggiunge Cimmino, “ma se perdiamo questa partita con il Mercosur, come potremo farci ascoltare negli altri tavoli?”.

Il rischio, avverte la vicepresidente, è doppio: da una parte la perdita di competitività per le imprese italiane ed europee, dall’altra un colpo all’immagine che potrebbe pesare sulle trattative future. Il prossimo 19 dicembre, al vertice Ue, l’Italia avrà un ruolo chiave. “Tutto dipende dal governo italiano”, ribadisce Cimmino. “Se fallisce questa occasione, avremo la colpa storica di aver fatto saltare un progetto cruciale per rilanciare e rafforzare l’Europa, soprattutto ora che siamo sotto pressione da Stati Uniti e Cina”.

Dazi e industria: cosa rischiano le aziende italiane

Se l’accordo non dovesse andare in porto, le nostre aziende continueranno a pagare dazi fino al 35% su prodotti in cui siamo leader nell’export europeo, come l’agroalimentare, o secondi, come i macchinari. Solo questi ultimi valgono oltre 3 miliardi di euro e rappresentano il 43% delle esportazioni italiane verso il Mercosur. “Sembra quasi che vogliamo spingerci verso la deindustrializzazione da soli”, commenta Cimmino con un pizzico di amarezza.

L’allarme riguarda anche la tenuta dell’export nel 2026. I dati positivi del 2025 – spiega la vicepresidente – sono stati sostenuti da una corsa agli acquisti nella prima metà dell’anno, spinta dalla paura dei dazi. Ma già ora gli ordini sono in calo. “L’impatto si farà sentire, e sarà pesante”, avverte.

Ultima chance: non ci sarà un secondo giro

Per Cimmino, rimandare la firma vorrebbe dire chiudere definitivamente la partita. “Sarebbe un errore gravissimo far saltare l’accordo. E non illudiamoci: se si rinvia, la partita è persa”, conclude.

Tra via dell’Astronomia e Palazzo Chigi, il clima è teso. Il governo italiano deve scegliere, una decisione che pesa non solo sull’economia nazionale ma anche sulla reputazione del Paese nel mondo. Bruxelles aspetta una risposta chiara. Le imprese osservano, il tempo stringe, e la posta in gioco è altissima.