Eruzioni vulcaniche e peste: un legame sorprendente nell’Europa medievale

Eruzioni vulcaniche e peste: un legame sorprendente nell'Europa medievale

Eruzioni vulcaniche e peste: un legame sorprendente nell'Europa medievale

Giada Liguori

Dicembre 15, 2025

Roma, 15 dicembre 2025 – Un nuovo studio internazionale pubblicato su Communications Earth & Environment fa luce su un possibile legame tra alcune eruzioni vulcaniche avvenute intorno al 1345 e la diffusione della peste nera in Europa tra il 1347 e il 1353. La ricerca, guidata dall’Istituto Leibniz per la storia e la cultura dell’Europa orientale (Gwzo) e dall’Università di Cambridge, sostiene che le ceneri e i gas sprigionati da un’eruzione tropicale abbiano causato un brusco calo delle temperature nel Mediterraneo, scatenando una serie di eventi che favorirono l’arrivo del batterio responsabile della pandemia.

Quando il vulcano cambiò il clima e scatenò la carestia

Gli studiosi Martin Bauch (Gwzo) e Ulf Büntgen (Cambridge) hanno analizzato gli anelli di crescita degli alberi provenienti da otto diverse zone europee, insieme ai dati sullo zolfo vulcanico raccolti dalle carote di ghiaccio di Antartide e Groenlandia. Così hanno ricostruito un periodo di clima anomalo. “Abbiamo visto – spiega Bauch – un calo netto delle temperature a metà degli anni Quaranta del Trecento”. Un dato confermato anche dai racconti dell’epoca, che parlano di raccolti magri e inverni duri.

Secondo i ricercatori, quel freddo improvviso colpì soprattutto l’Europa meridionale e il Mediterraneo, causando una carestia diffusa. Le città-stato italiane come Venezia, Genova e Pisa si trovarono in grave difficoltà, costrette a trovare soluzioni rapide per evitare il collasso sociale e economico.

Il grano dal Mar Nero e il viaggio del batterio killer

In mezzo a questa emergenza alimentare, le repubbliche marinare italiane si rivolsero ai mercati del Mar Nero. Lo studio racconta che proprio in quel momento si verificarono due passaggi fondamentali: “Le città-stato italiane strinsero un cessate il fuoco con i Mongoli”, spiega Büntgen, “e iniziarono a importare grandi quantità di grano dalla zona”. Ma quel grano non arrivò solo.

Le cronache riportano che spesso i carichi erano infestati da pulci, veicolo del batterio Yersinia pestis. “Probabilmente furono questi rifornimenti a portare la peste in Europa”, dice Bauch. Una spiegazione che aiuta a capire perché, pur partendo dal Mar Nero, la pandemia scoppiò con tale violenza proprio in quegli anni.

Un puzzle tra storia e scienza

La forza dello studio sta nell’aver incrociato dati storici – lettere mercantili, cronache, registri doganali – con elementi naturali come gli anelli degli alberi e le carote di ghiaccio. “Solo così – sottolinea Büntgen – siamo riusciti a mettere in relazione eventi climatici globali con fatti sociali e sanitari locali”.

Non è la prima volta che si ipotizza un ruolo del clima nelle pandemie medievali. Tuttavia, questo lavoro pubblicato su Communications Earth & Environment offre una ricostruzione chiara e dettagliata: eruzione vulcanica, caduta delle temperature, carestia, importazione di grano contaminato, esplosione della peste.

Quel che resta da scoprire e le nuove piste

Restano però molte incognite. Gli stessi autori ammettono che il vulcano responsabile non è ancora stato identificato: “Le tracce nei ghiacci indicano un’origine tropicale”, dice Bauch, “ma non abbiamo ancora trovato il cratere”. Inoltre, non tutti gli storici sono d’accordo sul ruolo decisivo delle carestie nella diffusione della peste.

Eppure, il quadro che emerge spinge a riflettere sulle connessioni tra fenomeni naturali e crisi umanitarie. “La storia della peste nera – conclude Büntgen – ci ricorda quanto siano fragili i rapporti tra ambiente, economia e salute pubblica”. Un monito che, a distanza di secoli, resta più attuale che mai.