Roma, 15 dicembre 2025 – Il Consiglio dei ministri ha dato l’ok, nella seduta di oggi a Palazzo Chigi, alla firma della nuova Intesa tra la Repubblica Italiana e l’Unione Buddhista Italiana (UBI). La decisione, presa ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, arriva dopo mesi di trattative e segna un momento importante nei rapporti tra lo Stato e la comunità buddhista, che in Italia conta circa 160 mila fedeli secondo le ultime stime del Ministero dell’Interno.
Intesa aggiornata dopo più di dieci anni
La richiesta di aggiornare l’Intesa era arrivata dall’UBI il 13 maggio 2024. Da allora, le trattative sono andate avanti sotto la guida della Commissione per le intese con le confessioni religiose e per la libertà religiosa, un organismo nato con un decreto del Presidente del Consiglio nell’agosto 2023 e poi rinnovato nei mesi successivi. Il testo definitivo è stato firmato il 20 novembre scorso dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e dal Presidente dell’UBI, Filippo Scianna, in un incontro riservato a via della Mercede.
L’ultima Intesa risaliva al 2012, quando la legge n. 245 aveva riconosciuto ufficialmente la confessione buddhista in Italia. Da allora però molte cose sono cambiate: sono aumentati i centri buddhisti e le attività sociali e culturali promosse dall’UBI. “Sentivamo la necessità di un aggiornamento che riflettesse queste nuove realtà”, ha spiegato Scianna al termine dell’incontro.
Titoli di studio riconosciuti
Uno dei punti chiave della nuova Intesa riguarda il riconoscimento dei titoli di studio accademici rilasciati dagli istituti buddhisti con personalità giuridica, attivi in Italia e riconosciuti dall’UBI. Fino a oggi, diplomi e lauree di questi istituti non avevano valore legale fuori dalla comunità religiosa.
Con la nuova intesa, invece, si apre la strada per equiparare alcuni di questi titoli agli standard delle università italiane. “È un passo avanti per la formazione dei nostri monaci e per chi vuole approfondire lo studio del Dharma in modo strutturato”, ha commentato Tiziana D’Acchille, vicepresidente UBI.
Matrimoni con valore civile
Altro tema centrale è la possibilità di celebrare il matrimonio con effetti civili. Secondo le nuove regole, i ministri di culto buddhisti potranno celebrare matrimoni riconosciuti dallo Stato italiano. Una possibilità già riconosciuta ad altre confessioni con intesa, come i Valdesi o le Comunità Ebraiche.
Fonti vicine alla Commissione spiegano che il testo prevede una procedura chiara: i celebranti dovranno essere iscritti in appositi elenchi al Ministero dell’Interno e seguire un iter simile a quello previsto per sacerdoti cattolici o pastori protestanti. “Era una richiesta che arrivava da molte coppie”, ha ammesso Scianna.
Otto per mille: più trasparenza sui fondi
Non meno importante è la questione delle somme derivanti dall’8 per mille. La nuova Intesa introduce regole più rigide sulla trasparenza nella gestione dei fondi che i contribuenti possono destinare all’UBI nella dichiarazione dei redditi. Le risorse dovranno essere usate per attività sociali, culturali e assistenziali, con l’obbligo di rendicontazione annuale.
“Abbiamo voluto rafforzare i controlli per garantire che ogni euro venga speso per il bene della collettività”, ha detto il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Andrea Garofalo. L’UBI, da parte sua, si è detta pronta a collaborare per assicurare la massima trasparenza.
Il cammino verso la firma definitiva
Dopo il via libera del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio dovrà mettere la firma definitiva sull’Intesa. Il testo passerà poi alle Camere per l’approvazione con legge ordinaria, come previsto dalla Costituzione. I tempi non sono ancora chiari, ma fonti parlamentari indicano che l’iter potrebbe chiudersi entro la primavera del 2026.
Per la comunità buddhista italiana è un riconoscimento atteso da tempo. “Non chiediamo privilegi – ha ribadito Scianna – ma solo pari dignità rispetto alle altre confessioni”. Un passo che, secondo il governo, mira a rafforzare il principio di libertà religiosa sancito dalla Carta costituzionale.
