Palermo, 15 dicembre 2025 – Sono quindici le persone finite nel mirino della giustizia per un presunto giro di mazzette all’obitorio del Policlinico di Palermo. Secondo la Procura, per vedere la salma di un familiare o per accelerare le pratiche burocratiche bisognava mettere mano al portafoglio. L’inchiesta, guidata dalla Procura del capoluogo siciliano, ha portato alla richiesta di arresti per quattro dipendenti dell’ospedale e undici tra titolari e addetti delle agenzie funebri. Le accuse sono pesanti: associazione a delinquere, concussione e corruzione.
Il prezzo del dolore: il tariffario nascosto all’obitorio
Gli investigatori raccontano di un sistema ben consolidato dentro la camera mortuaria del Policlinico. Denaro contante in cambio di ogni “servizio”. Cinquanta euro per vedere la salma della moglie, cento per “velocizzare” le pratiche alle pompe funebri o sbloccare le procedure. E in qualche caso si arrivava anche a 200 euro, per esempio per l’espianto di un pacemaker. Un tariffario mai scritto, ma ben chiaro a chi lavorava lì.
Le intercettazioni fanno emergere uno scenario crudo. «Noi siamo abituati che tutti quelli delle ditte lasciano dei soldi… E li dobbiamo dividere», avrebbe detto uno degli addetti, Salvatore Lo Bianco, a un collega. Il denaro, sempre in contanti, veniva spartito fra i dipendenti coinvolti. Un sistema che la Procura sostiene fosse diventato la prassi anche per le agenzie funebri che entravano per la prima volta all’obitorio.
L’indagine partita da Milano: una frase ascoltata per caso
L’inchiesta non è nata a Palermo, ma a centinaia di chilometri di distanza. Tutto parte dalla Procura di Milano, che durante un’altra indagine intercetta una conversazione tra Francesco Trinca, imprenditore di una pompe funebri siciliana, e un collega lombardo. «Qui funziona così, sempre 100 euro gli si dà se si vuole fare», spiega Trinca, parlando delle pratiche per trasferire da Palermo a Milano la salma di un cittadino greco morto in Sicilia.
Quella frase, colta quasi per caso, ha fatto partire una verifica incrociata che ha spinto gli investigatori a concentrarsi sul Policlinico di Palermo. Nel mirino sono finiti quattro dipendenti: oltre a Lo Bianco, Marcello Gargano, Antonio Di Donna e Giuseppe Anselmo. Gli altri indagati sono titolari o lavoratori di diverse agenzie funebri della zona.
Soldi contanti e guadagni extra ogni mese
Dalle indagini emerge un meccanismo rodato, che assicurava ai dipendenti un guadagno extra fisso. «Solo a giugno, dal primo all’ultimo giorno, ho messo da parte 400 euro», avrebbe detto uno degli indagati in una intercettazione. I soldi passavano sempre in contanti, spesso davanti a familiari dei defunti o agli operatori delle pompe funebri.
Il sistema era così normale da essere subito spiegato a chi entrava per la prima volta. «Se vuoi vedere la salma subito, sono 50 euro», avrebbe detto un impiegato a un parente in attesa. In altri casi, i soldi servivano per “sveltire” le pratiche burocratiche o per accelerare la vestizione delle salme.
Le accuse e le prossime mosse della Procura
La Procura di Palermo ha chiesto l’arresto per tutti e quindici, accusandoli di aver creato un vero e proprio sistema parallelo all’interno dell’ospedale. Dai documenti dell’inchiesta emerge che questi pagamenti erano diventati la norma, la regola per chi lavorava nella camera mortuaria.
Al momento, gli avvocati degli indagati non hanno rilasciato commenti. Dall’ospedale fanno sapere che «sono in corso verifiche interne» e che «verranno prese tutte le misure necessarie per garantire la trasparenza». La vicenda ha suscitato anche reazioni tra i parenti dei defunti: «Non si può approfittare del dolore», ha detto una donna fuori dall’obitorio.
Le indagini vanno avanti. Gli inquirenti stanno controllando se ci sono casi simili in altre strutture della città. Per ora, però, quello che è emerso al Policlinico racconta di un sistema che – secondo la Procura – ha trasformato il dolore in un affare sporco.
