New York, 16 dicembre 2025 – Ieri il prezzo del petrolio ha chiuso in calo alla Borsa di New York, attestandosi a 56,82 dollari al barile. Una perdita dell’1,08% rispetto alla seduta precedente, che ha subito catturato l’attenzione degli operatori e degli esperti del settore energetico. Il calo, registrato nel pomeriggio (ora locale), arriva in un momento di forte incertezza sui mercati internazionali, con gli occhi puntati sulle prossime mosse dei grandi produttori.
Domanda fiacca e scorte in crescita: cosa ha fatto scendere il prezzo
Secondo le prime analisi raccolte da alanews.it, la discesa dei prezzi è il risultato di due fattori principali. Da un lato, la domanda globale di greggio dà segnali di rallentamento, soprattutto in Asia. Dall’altro, i dati sulle scorte statunitensi diffusi ieri dal Dipartimento dell’Energia mostrano un aumento superiore alle previsioni: “Le riserve sono cresciute di oltre 3 milioni di barili nell’ultima settimana”, ha detto un portavoce dell’agenzia federale. Un dato che ha avuto un impatto immediato sui mercati.
A Wall Street la reazione non si è fatta attendere. Intorno alle 15.30, ora di New York, il prezzo del WTI ha cominciato a scendere, trascinando con sé anche i titoli delle grandi compagnie petrolifere. “Gli investitori temono che il mercato sia ben rifornito e che la domanda non regga”, ha spiegato un trader di Midtown, che ha preferito restare anonimo.
OPEC+ conferma la produzione: cosa aspettarsi nel 2026
A livello internazionale, tutta l’attenzione è rivolta all’OPEC+, il gruppo che riunisce i principali paesi esportatori di petrolio. Solo pochi giorni fa, durante un incontro a Vienna, i membri hanno deciso di mantenere gli attuali livelli di produzione almeno fino al prossimo trimestre. Una scelta che, secondo alcuni, potrebbe mantenere i prezzi sotto pressione.
“Il mercato sta già scontando una certa abbondanza di offerta”, ha spiegato ieri sera l’analista Giovanni Ferrara a una radio finanziaria italiana. “Se la domanda non riparte con forza nei primi mesi del 2026, rischiamo ancora volatilità e prezzi bassi”. Un quadro confermato anche dai report delle grandi banche d’affari americane: Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno rivisto al ribasso le previsioni per la prima metà del prossimo anno.
Cosa cambia per consumatori e imprese italiane
Anche in Europa e in Italia si vede l’effetto del calo delle quotazioni del petrolio. Secondo Unione Petrolifera, nelle ultime settimane i prezzi alla pompa per benzina e gasolio hanno mostrato una leggera discesa. “Non si tratta di crolli – ha precisato un portavoce dell’associazione – ma di un calo graduale che potrebbe continuare se il trend internazionale si conferma”.
Per le aziende italiane che lavorano nella raffinazione e distribuzione, il prezzo più basso del greggio è una chance per migliorare i margini. Resta però il rischio legato all’andamento dei cambi e alle tensioni geopolitiche in aree sensibili come il Medio Oriente. “Non si può mai escludere uno shock improvviso”, ha ammesso ieri sera un dirigente ENI durante una conferenza a Milano.
Tra geopolitica e transizione energetica: gli scenari da tenere d’occhio
Per il medio termine, gli esperti invitano a non abbassare la guardia. Il prezzo del petrolio continua a risentire di fattori difficili da prevedere: dalle tensioni Usa-Iran, ai nuovi equilibri tra Russia e Arabia Saudita, fino alle politiche ambientali europee. “La transizione verso le rinnovabili sta cambiando le regole del gioco”, ha ricordato il professor Luca Moretti dell’Università Bocconi. “Ma il greggio resta ancora fondamentale per tanti settori”.
In attesa dei prossimi dati sulle scorte e delle decisioni dell’OPEC+, gli operatori guardano con attenzione anche alle mosse delle banche centrali e all’andamento dell’economia globale. Solo allora potremo capire se il calo sotto i 57 dollari è solo una pausa o l’inizio di una nuova fase per il mercato petrolifero internazionale.
