L’Aquila, 17 dicembre 2025 – La Corte d’Appello dell’Aquila ha preso tempo per decidere sul ricorso dei coniugi Nathan Trevallion e Catherine Birmingham, i genitori dei tre bambini conosciuti come la “famiglia nel bosco”. Il ricorso riguarda l’ordinanza che ha portato all’allontanamento dei figli e al loro trasferimento in una casa-famiglia a Vasto. La vicenda, che va avanti da settimane, si concentra sulla presunta violazione della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, soprattutto sul mancato ascolto dei minori coinvolti.
Difesa: “I bambini non sono stati ascoltati”
Gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, che difendono la coppia, puntano il dito contro un passaggio chiave, previsto proprio dalla Convenzione Onu: l’ascolto dei bambini. Secondo loro, questa fase è stata “completamente ignorata” nel processo che ha portato all’allontanamento. Hanno consegnato una memoria alla Corte d’Appello, ricordando che la legge italiana da tempo riconosce il diritto dei minori a essere ascoltati in tutte le procedure che li riguardano.
Durante l’udienza documentale, tenutasi nel pomeriggio in video collegamento, la difesa ha sottolineato che due dei tre fratelli erano stati sentiti appena quindici giorni prima dell’ordinanza del 13 novembre. In quella occasione, raccontano gli avvocati, era stato escluso il rischio di “deprivazione e isolamento”. La figlia maggiore aveva anche detto di avere molti amici a Palmoli, con cui lei e i fratellini giocavano spesso.
Vita nella casa nel bosco: un quadro diverso
Il caso ha catturato l’attenzione per le condizioni particolari in cui vive la famiglia: una casa in pietra immersa nei boschi dell’entroterra abruzzese, lontana dai paesi. I bambini, secondo quanto riferito dagli stessi e riportato dai legali, si sentirebbero bene lì, dove non manca nulla: “luci, acqua calda e stufe a legna”. La figlia più grande ha detto chiaramente di preferire l’home schooling alla scuola tradizionale.
L’istruzione è uno degli aspetti che i servizi sociali e il Tribunale per i minorenni hanno preso in considerazione. Ma la difesa ribadisce che non ci sono motivi validi per un intervento così pesante come togliere i bambini alla famiglia.
Rapporti complicati con i servizi sociali
Gli avvocati mettono in luce anche le difficoltà avute nei contatti con i servizi sociali. Durante l’anno di osservazione della vita familiare, gli incontri con gli assistenti sociali sarebbero stati “sporadici” e non abbastanza approfonditi. A rendere tutto più difficile c’è anche la barriera linguistica: la coppia è australiana e non è mai stato nominato un mediatore familiare che aiutasse la comunicazione.
“Il dialogo difficile ha impedito di capire davvero cosa succedeva in famiglia”, spiegano i legali. Solo con un confronto più chiaro, dicono, si sarebbe potuto valutare con precisione il benessere dei bambini e la reale necessità di separarli dai genitori.
Attesa per la sentenza: cosa succederà ora
Finita l’udienza, la Corte d’Appello si è presa del tempo per decidere sul ricorso contro la sospensione della potestà genitoriale e il trasferimento dei bambini. Non è stato detto quando arriverà la sentenza: potrebbe essere questione di giorni, forse già entro la fine della settimana.
Nel frattempo, la storia continua a far discutere. Da un lato, chi ricorda che va sempre tutelato il superiore interesse dei minori. Dall’altro, chi avverte del rischio di interventi troppo pesanti che possono spezzare legami familiari senza ragioni certe. La famiglia Trevallion-Birmingham aspetta ora una decisione che potrebbe cambiare per sempre il loro destino.
