Bari, 17 dicembre 2025 – La Corte costituzionale ha dato il via libera alla legge della Regione Puglia che impone una retribuzione oraria minima di nove euro per i lavoratori delle imprese che partecipano alle gare d’appalto pubbliche. Con la sentenza numero 188, depositata oggi, è stato respinto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri, confermando così la validità della norma regionale, finita al centro di dubbi sulla sua legittimità.
La Consulta dice sì: cosa prevede la legge pugliese
La sentenza riguarda l’articolo 2, comma 2, della legge regionale pugliese numero 30 del 2024, modificato poi dalla legge numero 39 dello stesso anno. In pratica, la Regione ha deciso che per partecipare ai bandi pubblici le imprese devono garantire ai propri dipendenti almeno nove euro all’ora. L’obiettivo è chiaro: combattere il dumping salariale e tutelare i lavoratori.
Il governo centrale aveva fatto ricorso, sostenendo che la materia spettasse solo allo Stato. Ma la Corte ha bocciato la questione, giudicandola “inammissibile”. Così la norma pugliese resta in vigore.
Le ragioni della Corte e le prime reazioni
Nel testo della sentenza, pubblicato sul sito ufficiale della Consulta, si legge che il ricorso è stato rigettato soprattutto per questioni tecniche legate alla forma con cui è stato presentato. La Corte ha sottolineato che la Regione ha agito entro i suoi limiti, occupandosi di appalti e tutela del lavoro. “La legge regionale – si legge – non entra in conflitto con le competenze dello Stato in modo tale da creare un contrasto insanabile”.
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha accolto con soddisfazione la decisione. “È un passo avanti per i diritti dei lavoratori”, ha detto. “Abbiamo fissato un limite chiaro perché il lavoro non può essere sempre un terreno di ribasso. La Corte ci ha dato ragione”.
Dal governo, invece, arriva un “rammarico” per l’esito della sentenza, con fonti che sottolineano come “i livelli retributivi dovrebbero essere gli stessi in tutta Italia”. Per ora, però, la norma pugliese resta attiva.
Cosa cambia per le imprese e il mercato degli appalti
La soglia minima di nove euro all’ora segna un cambio importante per molte aziende che lavorano in Puglia. Nel 2024, secondo l’Osservatorio regionale sugli appalti, sono state oltre 1.200 le imprese coinvolte nelle gare pubbliche, di cui circa il 15% pagava salari sotto la nuova soglia.
“Dovremo adeguarci – ammette il titolare di un’impresa edile di Bari, contattato da alanews.it – ma è giusto che ci sia un limite sotto cui non si può andare. Altrimenti si rischia solo di favorire la concorrenza sleale”. Parere condiviso anche dai sindacati locali. “È una misura che aspettavamo da tempo”, commenta Gigia Bucci, segretaria regionale della Cgil Puglia.
Uno sguardo al futuro: possibili ripercussioni nazionali
Questa vicenda potrebbe avere eco oltre i confini della Puglia. In Parlamento si discute da mesi su un possibile salario minimo nazionale, ma finora senza un accordo. La sentenza della Consulta viene vista da alcuni come un segnale: le Regioni possono intervenire, almeno in parte, per garantire condizioni più giuste nel proprio territorio.
Resta da vedere se altre Regioni seguiranno la Puglia o se il governo tornerà a intervenire. Per ora, però, chi vuole lavorare con la pubblica amministrazione in Puglia deve offrire almeno nove euro all’ora ai propri dipendenti. Una novità concreta che interessa centinaia di lavoratori e decine di milioni di euro in appalti pubblici ogni anno.
