Roma, 17 dicembre 2025 – La Corte di Cassazione ha chiuso definitivamente il caso che vedeva al centro Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, per la vicenda Open Arms. Ieri sera, la quinta sezione penale ha respinto il ricorso della Procura di Palermo, confermando così l’assoluzione di Salvini dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Una sentenza molto attesa, che segna la fine di una lunga battaglia giudiziaria iniziata nell’estate del 2019 e seguita con attenzione in Italia e all’estero.
Cassazione: la parola fine sul caso Open Arms
Tutto partì nell’agosto 2019, quando la nave della ong spagnola Open Arms rimase per giorni al largo di Lampedusa con 147 migranti a bordo, soccorsi nel Mediterraneo. Salvini, allora ministro dell’Interno, aveva vietato lo sbarco, sostenendo che la gestione andasse fatta insieme agli altri Paesi europei. La Procura di Palermo contestò quella decisione, accusando Salvini di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Ma dopo un lungo processo, il Tribunale di Palermo lo aveva assolto in primo grado, il 20 ottobre 2022.
La Procura provò a ribaltare il verdetto con un “ricorso per saltum”, che permette di andare direttamente alla Cassazione senza passare per l’appello. Ma la Suprema Corte ha confermato la sentenza di Palermo: nessun reato, nessuna colpa per Salvini. “La decisione è definitiva”, ha detto una fonte vicina alla Corte, chiarendo che non ci saranno altri gradi di giudizio.
Reazioni a caldo: Salvini e la politica
La notizia è arrivata poco dopo le 19. In via Bellerio, quartier generale della Lega a Milano, lo staff di Salvini ha accolto la sentenza con evidente sollievo. Il vicepremier ha commentato sui social: “Giustizia è fatta. Ho sempre agito nell’interesse del Paese e nel rispetto delle leggi”. Parole brevi, tono pacato. Nessun commento ufficiale dal governo nelle prime ore. Le opposizioni, invece, non hanno risparmiato critiche: “Una pagina buia per i diritti umani”, ha detto Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). Riccardo Magi (+Europa) ha parlato di “una scelta politica che non cancella la sofferenza di chi era a bordo”.
Dietro la sentenza: i nodi della gestione migranti
Il caso Open Arms ha scatenato un acceso dibattito sulla gestione dei migranti e sui limiti dell’azione dei ministri. Secondo gli inquirenti, la nave è rimasta bloccata per diciannove giorni tra Malta e Lampedusa, con condizioni sempre più difficili a bordo. Le autorità italiane hanno autorizzato lo sbarco solo dopo l’intervento della magistratura. La difesa di Salvini ha sempre sostenuto che quella fu una decisione politica, condivisa dall’allora governo.
La Cassazione, spiegano fonti giudiziarie, si è inserita in una linea di sentenze che riconosce ampio margine di discrezionalità all’esecutivo su ordine pubblico e sicurezza dei confini. “Non c’erano gli estremi per un reato”, ha detto uno degli avvocati di Salvini, Giulia Bongiorno.
Il processo, la sentenza e cosa cambia
Il procedimento ha tenuto banco anche fuori dall’Italia, seguito passo passo dai media internazionali. Da quando è partita l’indagine nel settembre 2019 fino alla sentenza di ieri, sono passati più di sei anni. In aula si sono presentati testimoni, esperti di diritto internazionale e rappresentanti delle ong. Alla fine, il Tribunale ha stabilito che mancava la volontà di commettere un reato.
Per Salvini è una vittoria che rafforza la sua posizione nel governo Meloni. “Andiamo avanti con ancora più determinazione”, ha confidato ai suoi collaboratori la scorsa notte. Il dibattito politico sulla gestione dei migranti resta aperto e spaccato, una questione che, come dimostra questa vicenda, non ha soluzioni facili né rapide.
Dal Ministero della Giustizia, in via Arenula, nessun commento ufficiale. Ma tra i magistrati si sa che il caso Open Arms sarà un punto di riferimento importante per le future decisioni su politiche migratorie e responsabilità penali dei ministri.
