Sgombero di Askatasuna: il sindaco accusa gli attivisti dopo l’assalto alla Stampa

Sgombero di Askatasuna: il sindaco accusa gli attivisti dopo l'assalto alla Stampa

Sgombero di Askatasuna: il sindaco accusa gli attivisti dopo l'assalto alla Stampa

Matteo Rigamonti

Dicembre 18, 2025

Torino, 18 dicembre 2025 – Sgombero all’alba al centro sociale Askatasuna: questa mattina la polizia ha fatto irruzione nello stabile di corso Regina Margherita 47, proprio nel cuore di Torino. L’edificio è stato sequestrato e sono partite le procedure di sgombero. L’operazione, guidata dalla Digos e dai reparti mobili, arriva dopo una serie di perquisizioni legate agli assalti alla sede de La Stampa, alle Ogr e a Leonardo, avvenuti durante le manifestazioni pro-Palestina degli ultimi mesi. Sei attivisti sono stati trovati al terzo piano, in un’area dichiarata inagibile. Il sindaco Stefano Lo Russo ha parlato di “patto violato”, chiudendo di fatto la collaborazione tra Comune e attivisti.

Polizia in azione: indagini sugli assalti in corso

All’alba, poco dopo le 6, le volanti hanno circondato il palazzo che da quasi trent’anni ospita Askatasuna, considerato l’ultimo baluardo dell’autonomia torinese. Gli agenti della Digos sono entrati e hanno trovato sei persone tra il terzo e il sesto piano. “La presenza degli attivisti ai piani superiori rompe gli accordi”, ha spiegato una fonte della Questura. Le perquisizioni si sono poi estese anche alle case di altri militanti e alle sedi di collettivi studenteschi.

Gli inquirenti collegano l’operazione all’indagine sugli episodi avvenuti tra ottobre e novembre nella sede de La Stampa, alle Ogr e a Leonardo, durante le manifestazioni per la Palestina. “Stiamo cercando di chiarire chi ha responsabilità dirette”, ha detto un investigatore. Sul posto, oltre alla Digos, sono arrivati anche carabinieri e Guardia di Finanza. Fuori, davanti al civico 47, decine di attivisti e sostenitori sono stati tenuti a distanza da un cordone di agenti in tenuta antisommossa.

Tensione e traffico paralizzato in corso Regina Margherita

Il blitz ha subito bloccato la viabilità: corso Regina Margherita è rimasto chiuso fin dalle prime ore. La polizia municipale ha interdetto il tratto davanti all’edificio, mentre il servizio tramviario è stato sospeso. Gtt ha attivato bus sostitutivi per limitare i disagi ai pendolari. “Ci sono camionette, idranti e un grande dispiego di forze”, hanno scritto alcuni antagonisti sui social, invitando a raggiungere la zona.

Intorno alle 8 la tensione era ancora alta: nuovi gruppi di manifestanti arrivavano, mentre le forze dell’ordine controllavano i due lati della strada. “Non è chiaro fino a che punto arriverà l’operazione”, hanno raccontato alcuni testimoni. Molti temevano che dalle perquisizioni si passasse a uno sgombero definitivo.

Il patto rotto: Comune e attivisti ai ferri corti

Il palazzo di corso Regina Margherita 47 era da primavera al centro di un patto di collaborazione tra il Comune e un comitato di garanti. L’accordo riguardava solo il piano terra, con l’impegno a non usare i piani superiori, dichiarati inagibili per motivi di sicurezza. “La presenza dei sei attivisti ai piani alti è una chiara violazione”, ha spiegato il sindaco Lo Russo in una nota.

La Giunta comunale aveva rinnovato l’accordo a marzo, accogliendo anche una mozione che escludeva la violenza e puntava sui metodi democratici. La gestione dei beni comuni era stata affidata a un gruppo di cinque cittadini, incaricati di prendersi cura dell’immobile. Tra le regole principali: niente accesso ai piani superiori, rispetto delle norme igieniche e rapporti semestrali sulle attività.

Reazioni a caldo: Comune e attivisti si scontrano

“La Prefettura ci ha confermato la violazione delle prescrizioni sull’accesso ai locali”, ha detto il sindaco. “Il patto di collaborazione è finito”. Così si chiude un esperimento durato meno di un anno.

Gli attivisti parlano di “operazione repressiva” e denunciano un clima sempre più ostile verso i movimenti sociali di Torino. Sui social stanno circolando video dell’irruzione e appelli alla mobilitazione. “Non ci fermeremo”, scrivono alcuni militanti.

L’operazione è ancora in corso e non si escludono nuovi sviluppi o provvedimenti restrittivi contro gli occupanti. Intanto, il futuro dello storico centro sociale – simbolo per generazioni di attivisti – resta appeso a un filo.