Milano, 19 dicembre 2025 – Ieri, in Corte d’Appello a Torino, la pena di Leonardo Caffo, filosofo e docente all’Accademia di Belle Arti di Milano, è stata dimezzata nel processo per maltrattamenti nei confronti della sua ex compagna, madre di sua figlia. La decisione arriva al termine di un accordo tra accusa e difesa: Caffo dovrà seguire un corso di recupero per uomini maltrattanti, una misura introdotta dalla riforma Cartabia. Così si chiude il procedimento, con una sentenza definitiva che gli permette di continuare a insegnare e prevede la sospensione condizionale della pena.
Il patteggiamento che cambia il destino di Caffo
Ieri, Leonardo Caffo ha accettato il percorso di recupero come condizione per ridurre la pena. Il filosofo, che si è sempre dichiarato innocente, ha rinunciato all’appello e si sottoporrà a una terapia individuale in un centro di Torino. “Sbagliare si può, ma ricominciare si deve, mettendosi in discussione e lasciando da parte l’ego”, ha detto oggi al Corriere della Sera. Il percorso durerà fino a un anno, ma Caffo assicura: “In questi anni ho lavorato su me stesso”.
L’avvocato difensore, Fabio Schembri, ha spiegato ai giudici l’accordo con il sostituto procuratore generale Franca Macchia. Grazie alla riforma Cartabia, il patteggiamento ha permesso la sospensione condizionale della pena e l’assenza di annotazioni nel casellario giudiziale. Una soluzione che consente a Caffo di proseguire la sua attività all’Accademia delle Belle Arti di Milano.
Assoluzione parziale e risarcimento: cosa ha deciso la Corte
La Corte d’Appello ha assolto Caffo dall’accusa di lesioni personali – “perché il fatto non costituisce reato” – riguardo alla frattura di un dito dell’ex compagna durante un litigio. Secondo il filosofo, il gesto non fu volontario. Resta invece confermata la condanna per maltrattamenti, riconosciuta in tutti i gradi di giudizio, sia civile che penale.
L’avvocata della vittima, Elena Tomayer, si è detta soddisfatta: “Questa è una condanna per maltrattamenti a tutti gli effetti, riconosciuta da Caffo in ogni sede”. Il filosofo ha già versato un risarcimento di 45 mila euro alla sua ex compagna. Un passo concreto, secondo i legali, verso la chiusura della vicenda.
Le parole di Caffo: “Anni duri, ora voglio ricominciare”
Dopo la sentenza, Leonardo Caffo ha raccontato il peso di questi anni: “Ho provato stanchezza e dolore. Sono stati anni difficili, che mi hanno svuotato sotto ogni aspetto”. Ha parlato anche delle ripercussioni sul lavoro: “È stato un inferno, la mia credibilità è stata distrutta, ho lasciato gli studenti in aula. Tutto questo prima ancora della condanna”.
Ora vuole guardare avanti: “Lavoro su me stesso, vado avanti e spero di ricominciare”. Se potesse tornare indietro, dice, “metterei da parte l’ego e penserei subito al bene di mia figlia”. Sulla ex compagna, nessun commento diretto: “Per rispetto di tutti, abbiamo deciso di non parlare, per proteggere nostra figlia”.
Un caso che fa discutere: tra giustizia e riflessione
Il caso Caffo ha acceso il dibattito anche fuori dal tribunale. Nei mesi scorsi, il filosofo aveva definito il processo “un abominio”, sottolineando in privato come il clima sociale abbia influito sulla vicenda. Aveva anche ricordato il rapporto con Michela Murgia (“l’ho sentita il giorno prima che morisse, sapeva tutto di me”), a dimostrazione di quanto la questione personale abbia inciso anche sulle sue relazioni professionali.
Ora resta il percorso di recupero, la sospensione condizionale della pena e una riflessione pubblica che dovrebbe rappresentare un nuovo inizio. La sentenza della Corte d’Appello chiude un capitolo giudiziario ma apre una discussione sul delicato equilibrio tra responsabilità personale e reinserimento nella società.
