Natale: come valorizzare oltre un miliardo di tonnellate di cibo invenduto con 5 trend innovativi

Natale: come valorizzare oltre un miliardo di tonnellate di cibo invenduto con 5 trend innovativi

Natale: come valorizzare oltre un miliardo di tonnellate di cibo invenduto con 5 trend innovativi

Matteo Rigamonti

Dicembre 19, 2025

Milano, 19 dicembre 2025 – Nel pieno della stagione natalizia, tra scaffali stracolmi di panettoni, cioccolatini e biscotti, si nasconde un problema spesso ignorato ma cruciale per l’industria alimentare: la gestione dell’invenduto. Ogni anno, in Italia e nel resto del mondo, una grande quantità di dolci resta invenduta dopo le feste, con costi economici e ambientali che pesano su tutta la filiera. “Ridurre gli sprechi vuol dire agire direttamente sui margini, sull’efficienza e sulla solidità del business”, spiega Paolo Fabbricatore, Group CEO di Regardia, azienda italiana che lavora nel campo della circular economy.

Il peso economico dell’invenduto nel settore alimentare

Secondo uno studio di Ecr Retail Loss, ogni anno nel mondo si spreca più di un miliardo di tonnellate di cibo, con costi che superano i 90 miliardi di euro lungo tutta la catena del valore. Nel settore dolciario, la produzione concentrata a dicembre amplifica il problema: prodotti ancora perfetti rimangono invenduti, generando spese extra per sconti, redistribuzione e smaltimento. “Ogni prodotto fermo in magazzino è un costo finanziario, un rischio operativo e una perdita di valore”, sottolinea Fabbricatore.

I numeri sono chiari: i costi legati all’invenduto possono toccare fino all’1,8% del fatturato delle aziende dolciarie. Secondo gli esperti, con una gestione più attenta delle eccedenze, questa percentuale potrebbe dimezzarsi. Se i retailer riuscissero a tagliare questi costi nascosti, molti potrebbero aumentare i profitti di oltre il 20%. Un dato che fa riflettere, soprattutto in un mercato che – secondo il report Confectionery Worldwide 2025 di Statista – vale 531 miliardi di euro all’anno a livello globale.

Come si affronta il problema dell’invenduto

Negli ultimi anni, sempre più aziende hanno cominciato a prendere sul serio il tema delle eccedenze alimentari. Regardia si è affermata come uno dei principali attori italiani nella gestione circolare dell’invenduto: ogni anno recupera più di 165.000 tonnellate di surplus alimentare e concentrato solubile di frumento, reinserendoli nella filiera dei mangimi. In pratica, prodotti che altrimenti finirebbero buttati vengono selezionati, trattati e usati come materie prime per mangimi o per produrre bioenergie.

“Il punto non è più se gestire l’invenduto, ma come farlo in modo efficace”, spiega Fabbricatore. Questo approccio permette alle aziende di tagliare le perdite legate allo stock fermo, ridurre i costi di gestione e trasformare un problema in una risorsa concreta. Solo così – aggiunge il manager – “si può cambiare prospettiva: trasformare l’eccedenza in un’opportunità porta vantaggi economici e ambientali per tutta la filiera”.

Un problema che coinvolge tutta la filiera

L’invenduto non è solo una questione di spreco. Sta diventando una leva importante per la competitività delle aziende alimentari. In Europa occidentale – che rappresenta circa un terzo del mercato mondiale dei dolci – anche una piccola riduzione delle eccedenze ha effetti evidenti sui bilanci. Immobilizzi di capitale, inefficienze e costi logistici si sommano agli impatti ambientali legati al consumo di risorse e alla gestione dei rifiuti.

Le strategie sono diverse. Alcune aziende trasformano i prodotti invenduti in ingredienti sicuri per la mangimistica animale. Altre li donano a enti benefici, riducendo così sprechi e costi di smaltimento. Non mancano poi le soluzioni commerciali: outlet dedicati o promozioni studiate per vendere i prodotti invenduti senza abbassare il prezzo di listino.

Innovazione e sostenibilità per il futuro

Gestire bene l’invenduto alimentare significa mettere insieme efficienza, sostenibilità e innovazione. Alcune aziende stanno provando a trasformare le eccedenze in nuovi prodotti o ingredienti secondari, dando nuova vita a risorse che altrimenti andrebbero sprecate. Gli scarti non utilizzabili per l’alimentazione finiscono nella produzione di compost o energia rinnovabile, chiudendo il cerchio della circolarità.

In questo scenario, saper recuperare valore dall’invenduto diventa una parte fondamentale dell’equilibrio del settore. “Ridurre gli sprechi – conclude Fabbricatore – vuol dire rafforzare la competitività e la resistenza di tutta la filiera”. Un obiettivo che oggi è sempre più al centro dell’attenzione nell’industria alimentare italiana ed europea.