Scoperte sorprendenti: il tartaro antico rivela segreti sulla medicina preistorica

Scoperte sorprendenti: il tartaro antico rivela segreti sulla medicina preistorica

Scoperte sorprendenti: il tartaro antico rivela segreti sulla medicina preistorica

Giada Liguori

Dicembre 19, 2025

Roma, 19 dicembre 2025 – Oltre 1,5 milioni di euro dal Fondo italiano per la scienza, stanziati dal Ministero dell’Università e della Ricerca, daranno nuova spinta agli studi sulle origini della medicina nelle società preistoriche europee. A guidare il progetto chiamato PreMED (Medicinal Practices and Ecological Knowledge in Prehistoric Europe) sarà l’archeologa Emanuela Cristiani, della Sapienza di Roma. L’obiettivo è chiaro: capire come piante, animali e minerali venivano usati per curare e sopravvivere, mettendo a fuoco pratiche e innovazioni che hanno segnato il cammino culturale delle prime comunità.

Il tartaro dentale: una finestra sulle cure del passato

Al centro della ricerca, spiega Cristiani, ci sarà l’analisi del tartaro dentale ritrovato su resti umani che risalgono a un periodo che va dal Paleolitico iniziale, circa 40.000 anni fa, fino all’arrivo dei primi agricoltori in Europa, intorno a 8.000 anni fa. “Sappiamo molto poco di queste società di cacciatori e raccoglitori”, ammette la studiosa che dirige il laboratorio Dante per lo studio della dieta e della tecnologia antica alla Sapienza. Eppure, proprio da quella patina calcificata che si forma sui denti potrebbero emergere indizi preziosi: cosa mangiavano, come era fatto il loro microbioma orale, se avevano a che fare con microrganismi patogeni.

Amputazioni e primi gesti di cura

I segni lasciati sulle ossa raccontano storie di sopravvivenza e ingegno. Cristiani sottolinea che stanno venendo alla luce informazioni sulle prime pratiche chirurgiche, come le amputazioni, ma anche su forme di assistenza sociale. “Abbiamo trovato casi di Neanderthal che si prendevano cura di bambini con la sindrome di Down”, dice. Sono tracce che indicano una qualche forma di medicina, anche se – precisa la ricercatrice – “non abbiamo ancora prove del tutto convincenti”. PreMED vuole colmare queste lacune, unendo strumenti che vanno dall’antropologia alla bioarcheologia.

Tecniche nuove e lavoro in squadra

Il gruppo di lavoro si concentrerà su resti umani preistorici che hanno superato fratture, ascessi o infezioni, cercando segni di cure ricevute. Studieranno sepolture per scovare la presenza di parassiti e cercheranno tracce di proteine umane su strumenti che potrebbero essere stati usati per interventi chirurgici. Un altro filone riguarda l’analisi dei sedimenti per scoprire residui vegetali. “Solo così potremo capire quali piante venivano impiegate per curarsi”, spiega Cristiani.

Il progetto durerà cinque anni e coinvolgerà musei e centri di ricerca in vari Paesi europei, tra cui Serbia, Croazia, Danimarca e Spagna. La collaborazione internazionale sarà fondamentale per mettere insieme tanti dati e confrontare le pratiche mediche di diverse popolazioni preistoriche.

Alla ricerca delle radici della medicina

PreMED non si fermerà a descrivere le tecniche di cura: vuole anche capire che ruolo avevano queste pratiche nella vita sociale e culturale delle comunità antiche. “Vogliamo scoprire come prendersi cura degli altri abbia aiutato a tenere uniti i gruppi”, rivela Cristiani. Un aspetto che, per gli archeologi, potrebbe aver pesato molto nell’evoluzione umana.

Molte domande restano aperte, ma il finanziamento del Fondo italiano per la scienza è un passo avanti importante per capire meglio le origini della medicina in Europa. E forse, tra quei piccoli granelli di tartaro conservati nei musei, si nasconde la chiave per riscrivere una pagina ancora poco conosciuta della nostra storia.