Scoperte neurali: una nuova speranza nella lotta contro l’Alzheimer

Scoperte neurali: una nuova speranza nella lotta contro l'Alzheimer

Scoperte neurali: una nuova speranza nella lotta contro l'Alzheimer

Giada Liguori

Dicembre 20, 2025

Padova, 20 dicembre 2025 – Un nuovo studio internazionale guidato dall’Università di Padova e pubblicato sulla rivista Brain mette sotto la lente le connessioni cerebrali come possibile svolta nella lotta all’Alzheimer. La ricerca, realizzata anche grazie al contributo di Chiesi Farmaceutici di Parma, suggerisce che non sono solo le famose placche di amiloide a rappresentare un bersaglio, ma anche il modo in cui le diverse aree del cervello comunicano tra loro. Questi scambi potrebbero diventare nuovi punti di intervento e strumenti utili per valutare i farmaci in sviluppo.

Connessioni cerebrali: un nuovo terreno di battaglia contro l’Alzheimer

Lo studio rivela che la connettività cerebrale – cioè la rete che lega i neuroni e permette loro di “parlare” – può anticipare e segnalare i cambiamenti legati all’Alzheimer. “Non ci concentriamo più solo sui danni visibili o sulle placche”, spiega Lorenzo Pini, capo del gruppo di ricerca. “Ora guardiamo alle reti dinamiche che fanno funzionare il cervello, come una rete in movimento.” Questo approccio, già usato per malattie come l’ictus e i tumori cerebrali, apre nuove strade.

“Il punto è capire come viaggiano e si modificano le informazioni tra le varie aree del cervello”, aggiunge Pini durante la conferenza stampa a Padova. “È un cambio di prospettiva che può rivoluzionare la diagnosi precoce e il monitoraggio delle terapie.”

Valutare i farmaci guardando oltre le placche

Il lavoro su Brain mette in luce un dettaglio spesso trascurato: per capire se un farmaco funziona davvero, non basta vedere se riduce le placche, bisogna anche osservare se migliora le connessioni tra neuroni. “Abbiamo dimostrato che agire su queste reti aiuta a valutare meglio i farmaci in sperimentazione”, dice Maurizio Corbetta, co-autore e direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova.

Corbetta sottolinea che questo metodo apre la strada a terapie capaci di intervenire sull’intero “ecosistema cerebrale”, superando l’approccio tradizionale che punta solo a singoli bersagli molecolari. Monitorare la connettività, spiegano i ricercatori, potrebbe dare segnali più rapidi sull’andamento della malattia e sulla risposta ai trattamenti.

Ricerca e industria: un’alleanza vincente

Un punto chiave della ricerca è stato il coinvolgimento diretto dell’industria farmaceutica, con Chiesi Farmaceutici in prima linea. “La collaborazione tra università e aziende è fondamentale per trasformare la ricerca in soluzioni concrete”, sottolinea Bruno Imbimbo, responsabile della ricerca neuroscientifica in Chiesi e co-autore dello studio.

Imbimbo racconta come il confronto continuo tra scienziati e industria abbia permesso di sviluppare nuovi strumenti per analizzare la connettività cerebrale nei pazienti, usando sia tecniche di imaging avanzate sia biomarcatori digitali. “Solo lavorando insieme possiamo accelerare il percorso che porta dalla scoperta al letto del malato”, conclude.

Nuove strade per la neurologia

Lo studio dell’Università di Padova apre prospettive fresche non solo per l’Alzheimer, ma anche per altre malattie neurologiche legate a problemi nelle reti cerebrali. “Stiamo già applicando questo modello a ictus e tumori cerebrali”, spiega Pini, “con risultati che ci spingono a continuare.”

Il prossimo passo, dicono i ricercatori, sarà inserire queste analisi della connettività cerebrale nei protocolli clinici di routine. L’obiettivo è offrire ai pazienti diagnosi più precise e terapie su misura. “Non è solo una scoperta scientifica”, conclude Corbetta, “ma un modo diverso di guardare al cervello, più vicino alla sua vera complessità.”

Finanziata anche con fondi europei e italiani, questa ricerca mostra come il lavoro congiunto tra università e industria può far fare passi avanti concreti nelle neuroscienze. E forse, avvicinarci davvero a una cura più efficace contro l’Alzheimer.