New York, 22 dicembre 2025 – Il prezzo del petrolio ha messo a segno un nuovo balzo oggi: a New York le quotazioni sono salite del 2,25%, toccando quota 57,77 dollari al barile. Dietro questo aumento, gli operatori vedono sia le tensioni geopolitiche in alcune zone strategiche sia le attese per le prossime mosse dell’OPEC. La giornata è partita con prudenza alle 9:30 ora locale, ma già a metà mattina i segnali di rialzo hanno catturato l’attenzione degli investitori.
Petrolio in rialzo, i mercati reagiscono
Il prezzo di 57,77 dollari al barile segna un salto netto rispetto alla scorsa settimana, quando il greggio americano era rimasto sotto i 56 dollari. “Stiamo vivendo una fase piuttosto incerta, soprattutto a causa delle tensioni internazionali”, commenta a caldo James Carter, analista di Energy Markets Consulting, raggiunto poco dopo la chiusura delle contrattazioni. Secondo lui, il rialzo è legato anche alle recenti dichiarazioni dei capi OPEC, che hanno lasciato intendere possibili tagli alla produzione nei primi mesi del 2026.
Al New York Mercantile Exchange (NYMEX) il volume degli scambi è stato superiore alla media degli ultimi giorni. I fondi speculativi sono tornati a farsi vedere in forze, attratti dalla possibilità di un ulteriore aumento dei prezzi. “Si respira una certa tensione”, racconta un trader di Manhattan, “molti puntano su prezzi stabili o in crescita almeno fino a gennaio”.
Geopolitica e OPEC spingono i prezzi
Dietro questo aumento ci sono diverse tensioni geopolitiche, soprattutto in Medio Oriente, e qualche frizione tra Stati Uniti e Paesi produttori. Lo stretto di Hormuz, snodo cruciale per il passaggio di milioni di barili al giorno, resta fonte di preoccupazione. “Ogni volta che si parla di possibili blocchi o rallentamenti nelle rotte marittime, i mercati reagiscono subito”, spiega Linda Martinez, responsabile ricerca di Global Commodities.
In più, nelle ultime ore sono circolate voci su un possibile incontro straordinario dell’OPEC+ a Vienna nella seconda settimana di gennaio. Secondo fonti interne, alcuni membri starebbero pensando a un nuovo taglio della produzione per sostenere i prezzi, in vista di una domanda globale ancora incerta. “Non c’è nulla di confermato”, precisa Martinez, “ma il solo fatto che se ne parli basta a spingere i prezzi verso l’alto”.
Cosa significa per consumatori e imprese
L’aumento del prezzo del petrolio si fa sentire anche in Europa e in Italia. A Milano, stamattina, i titoli delle principali compagnie petrolifere hanno guadagnato tra l’1% e il 2%. Nel settore dei carburanti si preparano possibili ritocchi al rialzo dei listini nelle prossime settimane. “Se questa tendenza continua, è probabile che vedremo aumenti anche alla pompa”, ammette un portavoce di Unione Petrolifera.
Per l’industria, invece, si apre una fase più complicata: margini più stretti e costi energetici da tenere sotto controllo. Diverse aziende italiane hanno già iniziato a discutere strategie per limitare l’impatto. “Siamo abituati a queste oscillazioni”, spiega Giovanni Bianchi, direttore operativo di una media impresa lombarda, “ma ogni aumento si riflette inevitabilmente sui nostri bilanci”.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi
Gli esperti restano cauti sulle prospettive del mercato petrolifero nel primo trimestre del 2026. Le previsioni vanno da chi vede una stabilizzazione intorno ai 58 dollari a chi teme nuovi scossoni dovuti a crisi internazionali o alle decisioni delle banche centrali sui tassi. “La situazione è ancora fragile”, conclude Carter, “e solo dopo le prime mosse dell’OPEC capiremo meglio la direzione”.
Per ora, il dato certo è che il petrolio a New York ha chiuso con un rialzo deciso. Mentre Wall Street segue da vicino, consumatori e imprese si preparano a fare i conti con un periodo di prezzi più alti.
