Milano, 23 dicembre 2025 – Anche quest’anno EY-Parthenon ha rinnovato il suo impegno a sostegno del Premio Claudio Dematté Private Equity of the Year, l’iniziativa di AIFI che dal 2004 mette sotto i riflettori il ruolo fondamentale del private equity e del venture capital nella crescita delle aziende italiane. La cerimonia si è tenuta il 18 dicembre a Milano, dove una giuria composta da esperti del mondo industriale, finanziario e accademico ha scelto e premiato 19 finaliste. Si tratta di realtà che, secondo gli organizzatori, rappresentano il meglio di un settore in continua evoluzione, sempre più centrale per la competitività del sistema produttivo nazionale.
Private equity: il motore dietro la crescita e l’innovazione
Il private equity non è più solo un mezzo finanziario. Negli ultimi anni è diventato un vero e proprio motore di innovazione e internazionalizzazione per le imprese italiane. La XXII edizione del Premio Dematté ne è la prova: quasi la metà delle aziende premiate ha fatto il salto da realtà locale a protagonista nazionale o internazionale. Un dato che, come spiega Marco Ginnasi, Private Equity Leader di EY-Parthenon Italia, “mostra come le operazioni premiate dal Dematté siano la dimostrazione concreta di come il private equity riesca a trasformare imprese locali in player di rilievo, anche fuori dai confini italiani”. Ginnasi ha aggiunto che nel 2025 il 45% dei protagonisti è rappresentato da fondi, mentre il 48% delle operazioni è avvenuto tramite portfolio companies, segno di partnership sempre più solide e investimenti più mirati.
PMI e Sud: i nuovi fronti del private equity
Il Premio Dematté non celebra solo i successi di oggi, ma fa anche luce sulle tendenze che stanno cambiando il volto del private equity in Italia. Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse verso le PMI innovative e le aziende con fatturato tra i 20 e i 50 milioni di euro. Un segmento che, secondo gli organizzatori, è fertile terreno per nuove storie di successo. Non solo: si guarda sempre più al Centro e al Sud Italia, territori spesso trascurati dai grandi investitori ma ricchi di potenzialità. “Il private equity – sottolinea Ginnasi – non è più roba da grandi aziende del Nord, ma sta diventando un’opportunità concreta anche per imprese più piccole e per chi opera in zone meno tradizionali”.
Un premio che va oltre i numeri
Per chi lavora nel settore, il Premio Dematté non è solo un riconoscimento di risultati finanziari. Innocenzo Cipolletta, presidente di AIFI, lo definisce “una conferma di un modo di lavorare che punta a creare valore vero e duraturo”. Cipolletta spiega che il premio non guarda solo ai numeri, ma anche alla capacità di trasformare le aziende, rafforzarne la cultura interna e aprirle a nuovi mercati e competenze. “Questo riconoscimento – aggiunge – racconta la crescita di un settore dove gli investitori non sono più semplici fornitori di capitale, ma veri e propri motori di crescita, innovazione e visione”.
I numeri che raccontano un settore in fermento
Secondo l’ultimo EY-Parthenon Bulletin, nel 2025 i fondi di private equity e infrastrutturali hanno preso parte a 615 operazioni su aziende italiane, per un valore complessivo di 23,5 miliardi di euro. Un segnale chiaro di un settore in fermento, dove il capitale privato non si limita a mettere soldi, ma porta con sé competenze strategiche, digitalizzazione e attenzione alla sostenibilità. Umberto Nobile, Private Equity Leader di EY Italia, spiega: “Oggi il private equity è una leva fondamentale per la competitività del sistema produttivo. Non solo mette risorse sul tavolo, ma aiuta a velocizzare trasformazioni che altrimenti richiederebbero anni”.
Partnership che durano e radici sul territorio
Le aziende premiate quest’anno, attive in settori che vanno dall’alimentare al farmaceutico, hanno dimostrato una forte voglia di crescere. Molte hanno saputo usare la collaborazione con i fondi per gestire passaggi generazionali delicati o per investire in digitalizzazione e sostenibilità. Durante la cerimonia a Milano, non sono mancati momenti di confronto tra imprenditori e investitori. “Abbiamo trovato nel private equity un alleato prezioso”, ha confidato uno dei manager premiati. Ma la sfida, come hanno ricordato diversi partecipanti, resta quella di diffondere questa cultura anche tra le imprese più piccole e meno organizzate.
Solo allora – forse – il private equity potrà davvero diventare un motore di sviluppo per tutto il Paese.
