Napoli, 24 dicembre 2025 – È finita questa mattina la latitanza di Ciro Andolfi, 49 anni, uno dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia. I carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli lo hanno preso in un appartamento nel quartiere Barra, alla periferia est della città. Andolfi era ricercato dal 2022 per legami con la criminalità organizzata. La sua tana? Un nascondiglio ricavato dietro un termosifone, scoperto durante un blitz coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli.
Dietro il termosifone, la tana di Andolfi
Gli investigatori hanno ricostruito come Andolfi si fosse costruito una specie di rifugio segreto dietro una parete, nascosto da un termosifone. Le immagini diffuse mostrano i carabinieri mentre smontano il radiatore e trovano l’accesso nascosto. Dentro, solo l’essenziale: una brandina, qualche vestito e una lampada portatile. “Si vedeva che era un rifugio fatto per restare nascosto a lungo”, ha detto uno degli agenti che ha partecipato all’operazione.
Latitanza e ordine di cattura
Nato a Napoli nel 1976, Andolfi era colpito da un ordine di carcerazione per una pena residua di 8 anni, 3 mesi e 10 giorni. Doveva scontare condanne per associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso e corruzione. Era fuggito nel 2022, dopo una serie di sentenze definitive legate ai clan dell’area orientale di Napoli. Da allora, ha cambiato rifugio più volte, affidandosi a una rete di complici e a sistemi di allarme semplici ma efficaci.
Blitz all’alba, il quartiere si sveglia
L’arresto è scattato poco dopo le sei del mattino in via Luigi Martucci, nel cuore di Barra. La zona era ancora immersa nel silenzio e nel buio quando i carabinieri hanno circondato l’edificio. “Abbiamo sentito rumori strani e poi le sirene”, racconta una donna che abita vicino. Andolfi non ha opposto resistenza: “Si è arreso subito, era stanco”, riferisce un militare. Nel quartiere, tra chi lo conosceva solo di vista, la notizia ha sorpreso molti. “Non pensavamo fosse ancora qui”, dice un commerciante della zona.
La DDA: un lavoro di mesi
L’operazione è stata guidata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che da tempo seguiva le tracce di Andolfi. “È il frutto di un lavoro paziente e silenzioso”, commenta il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Le indagini si sono basate su movimenti sospetti, segnalazioni anonime e intercettazioni ambientali. Solo quando gli investigatori hanno stretto il cerchio attorno al nascondiglio è scattato il blitz, supportato dal Comando provinciale carabinieri di Napoli.
Il 22° arresto dell’anno
Con l’arresto di Andolfi, diventano 22 i latitanti catturati dai carabinieri nel 2025 nella provincia di Napoli. Un segnale forte della pressione delle forze dell’ordine sui clan locali. “Non molliamo la presa”, dice il comandante provinciale Enrico Scandone. “Ogni arresto nasce dalla collaborazione tra istituzioni e cittadini”. Secondo fonti investigative, la cattura di Andolfi potrebbe far luce su nuove dinamiche interne ai gruppi criminali dell’area est.
I prossimi passi degli inquirenti
Dopo l’arresto, Andolfi è stato portato al carcere di Poggioreale. Ora gli investigatori cercano di ricostruire la rete di appoggi che gli ha permesso di restare nascosto per quasi tre anni. “Non escludiamo sviluppi nelle prossime settimane”, dice una fonte della DDA. Intanto, proseguono le indagini per scovare eventuali complici e capire come Andolfi si procurasse cibo e comunicazioni dall’esterno.
Un messaggio chiaro alle organizzazioni criminali
La cattura di Ciro Andolfi è stata definita dagli investigatori “un segnale forte” per tutte le organizzazioni criminali attive a Napoli e provincia. “La latitanza non è mai sicura”, sottolinea il procuratore Borrelli. Nel quartiere Barra la notizia si è sparsa in fretta: c’è chi tira un sospiro di sollievo, chi preferisce non parlare. Ma dietro quel termosifone si nascondeva uno dei volti più ricercati della camorra napoletana.
