Meta contro l’Antitrust: la battaglia legale che potrebbe cambiare tutto

Meta contro l'Antitrust: la battaglia legale che potrebbe cambiare tutto

Meta contro l'Antitrust: la battaglia legale che potrebbe cambiare tutto

Giada Liguori

Dicembre 24, 2025

Roma, 24 dicembre 2025 – Meta ha deciso di fare ricorso contro la recente decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). L’Autorità aveva messo sotto accusa alcune pratiche legate all’uso dei chatbot di intelligenza artificiale sulle Business API di WhatsApp. Un portavoce di Meta ha definito la posizione dell’AGCM “infondata”, sostenendo che non tenga conto della vera natura della piattaforma.

Meta smentisce l’interpretazione dell’AGCM

Tutto è cominciato nelle ultime settimane, quando l’AGCM ha aperto un’inchiesta su Meta Platforms Inc. per presunte limitazioni nell’accesso ai servizi di WhatsApp Business rivolti alle aziende che sviluppano soluzioni di intelligenza artificiale. L’Autorità ha paragonato WhatsApp a un “app store”, ipotizzando che la piattaforma blocchi la concorrenza nel campo dei chatbot.

Meta non ci sta. “L’arrivo di chatbot di intelligenza artificiale sulle nostre Business API ha messo sotto pressione i nostri sistemi, che non erano stati pensati per un uso simile”, ha spiegato il portavoce. In sostanza, WhatsApp non è stato progettato per reggere un traffico così intenso generato da applicazioni automatizzate.

WhatsApp non è un app store, spiega Meta

Secondo Meta, i veri canali attraverso cui le aziende possono entrare sul mercato con soluzioni di IA sono gli app store, i siti web delle società stesse e le partnership di settore. “L’Autorità italiana parte dal presupposto che WhatsApp sia, in qualche modo, un app store di fatto”, ha aggiunto il portavoce, chiarendo che questa visione non rispecchia come funziona davvero la piattaforma.

WhatsApp Business è usata da milioni di imprese nel mondo per gestire i rapporti con i clienti. Ma l’uso massiccio di chatbot – che automatizzano risposte e interazioni – ha, secondo Meta, creato un carico imprevisto sui server e sulle infrastrutture digitali. “Non era questo lo scenario per cui il sistema era stato pensato”, ha ribadito l’azienda.

Ricorso in arrivo, il settore resta in attesa

L’AGCM ha preso la sua decisione in un momento in cui il mercato dei chatbot AI cresce rapidamente anche in Italia. Sempre più aziende adottano queste tecnologie per automatizzare l’assistenza clienti e migliorare l’efficienza interna. Ma le regole sono ancora in divenire, e le autorità devono trovare un equilibrio tra innovazione e tutela della concorrenza.

Meta ha confermato che presenterà ricorso contro il provvedimento. “Faremo ricorso”, ha detto il portavoce all’Ansa, senza entrare nei dettagli su tempi o strategie legali. La società è convinta che nelle sedi competenti la sua posizione sarà riconosciuta.

Reazioni e dubbi nel mondo digitale

La decisione dell’AGCM ha scatenato pareri contrastanti nel settore digitale. Alcuni esperti sottolineano che a livello europeo è ancora aperto il dibattito sui confini tra piattaforme di messaggistica e marketplace digitali. Altri temono che una regolamentazione troppo rigida possa frenare l’adozione di nuove tecnologie da parte delle imprese italiane.

Fonti vicine all’Autorità ricordano che l’obiettivo è garantire condizioni eque per tutti e prevenire abusi di posizione dominante. Ma, come spesso accade, sarà probabilmente la giustizia amministrativa a stabilire i limiti e le responsabilità delle grandi piattaforme.

Cosa succederà adesso?

Nelle prossime settimane si attendono sviluppi sul fronte legale. Il ricorso di Meta potrebbe segnare una nuova fase nel confronto tra big tech e regolatori italiani. Intanto, le aziende che usano le WhatsApp Business API per integrare chatbot aspettano indicazioni più chiare su cosa sarà permesso fare.

La partita tra innovazione tecnologica e tutela della concorrenza si giocherà anche su questi dettagli. Solo nei prossimi mesi si capirà se – e come – cambieranno le regole per l’uso dell’intelligenza artificiale sulle piattaforme di messaggistica più diffuse.