Titano: nuove scoperte smentiscono l’esistenza di un oceano sotterraneo

Titano: nuove scoperte smentiscono l'esistenza di un oceano sotterraneo

Titano: nuove scoperte smentiscono l'esistenza di un oceano sotterraneo

Giada Liguori

Dicembre 24, 2025

Roma, 24 dicembre 2025 – Una nuova ricerca pubblicata su Nature e guidata dall’italiano Flavio Petricca del Jet Propulsion Laboratory della NASA cambia le carte in tavola su Titano, la luna più grande di Saturno. Secondo questo studio, che ha visto la partecipazione di esperti delle università di Bologna e della Sapienza di Roma, i dati raccolti oltre dieci anni fa dalla missione Cassini mettono in dubbio l’idea che sotto la crosta ghiacciata di Titano ci sia un enorme oceano di acqua liquida. Invece, sembrerebbe che l’interno sia fatto principalmente di fango, con solo qualche piccola sacca di acqua vicino al nucleo roccioso.

Titano: un interno tutto da riscrivere

Rivedendo i dati della missione Cassini, frutto del lavoro congiunto di NASA, Agenzia Spaziale Europea e Agenzia Spaziale Italiana, gli scienziati hanno scoperto qualcosa di inatteso. Studiando come la luna si deforma mentre gira intorno a Saturno su un’orbita ellittica, hanno notato un dettaglio chiave: c’è un ritardo di circa 15 ore tra il massimo dell’attrazione gravitazionale di Saturno e la reazione della crosta di Titano. “Questa è stata la prova decisiva che ci ha fatto capire che l’interno non è liquido come pensavamo”, ha spiegato Petricca.

Per giustificare questo ritardo serve un materiale molto più denso dell’acqua: il fango, appunto. Solo vicino al nucleo, dove il calore è più alto, potrebbero esserci piccole sacche d’acqua liquida. Un quadro che stravolge le vecchie idee sull’esistenza di un oceano globale sotto la superficie.

Cosa cambia per la ricerca della vita

Questo nuovo scenario non chiude affatto le porte alla possibilità di trovare forme di vita su Titano. Anzi, secondo Petricca e i suoi colleghi, proprio queste sacche concentrate di acqua potrebbero essere l’ambiente giusto per lo sviluppo di organismi semplici. “Le nostre analisi mostrano che queste sacche possono arrivare fino a 20 gradi”, ha detto il ricercatore italiano. Una temperatura piuttosto alta, considerando quanto è lontano questo mondo.

Il ragionamento è chiaro: in un oceano grande e profondo i nutrienti si disperdono, mentre in piccole sacche ristrette possono accumularsi, aumentando le chance che la chimica della vita possa partire. È un’idea che dà nuovo impulso all’interesse per future missioni su Titano.

Cassini e il contributo italiano

La sonda Cassini, lanciata nel 1997 e attiva fino al 2017, ha raccolto una valanga di dati su Saturno e le sue lune. Grazie agli strumenti italiani a bordo, come il radar sviluppato dall’Agenzia Spaziale Italiana, si sono ottenute informazioni preziose sulla struttura interna di Titano. “Senza quei dati non saremmo arrivati a queste conclusioni”, ha ammesso Petricca.

La partecipazione delle università italiane nel nuovo studio conferma il ruolo di primo piano della ricerca italiana nel campo delle scienze planetarie. Da Bologna a Roma, i team hanno lavorato sia all’interpretazione dei dati sia alla costruzione dei modelli matematici che spiegano le osservazioni.

Cosa ci riserva il futuro

Questa scoperta apre nuove domande sulla storia e la natura di Titano. Se davvero sotto la crosta c’è più fango che acqua, bisognerà rivedere anche le teorie su come si sono formati laghi, dune e crateri, finora attribuiti a un oceano sotterraneo.

Gli scienziati puntano ora alle prossime missioni, come la statunitense Dragonfly, prevista per il prossimo decennio, per avere dati più precisi. “Solo allora potremo capire davvero quanto è complesso e affascinante questo mondo lontano”, ha detto uno dei ricercatori dello studio.

Per adesso, Titano resta un mistero: sotto il suo ghiaccio non un oceano sconfinato, ma forse piccole oasi di acqua tiepida. E chissà, forse proprio lì si nasconde qualche forma di vita primordiale.