Amman, 25 dicembre 2025 – Nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, l’esercito giordano ha lanciato una serie di attacchi aerei contro presunte reti del narcotraffico nel sud della Siria, colpendo in particolare le campagne di Sweida. L’operazione, confermata sia dai media di Damasco sia dal comando militare di Amman, arriva in un momento di crescenti tensioni lungo il confine tra i due Paesi, dove negli ultimi mesi si è registrato un aumento dei traffici illegali.
Raid mirati su depositi e laboratori
L’emittente statale siriana Al-Ikhbariya ha riferito che i bombardamenti hanno colpito “reti del narcotraffico e depositi di stoccaggio” nelle zone meridionali e orientali della provincia di Sweida. Fonti locali contattate dall’agenzia Afp hanno descritto un attacco “molto intenso”, con esplosioni udite poco dopo mezzanotte nei villaggi vicino al confine. Un abitante del posto, che ha preferito restare anonimo, ha raccontato: “Abbiamo sentito molti colpi, la gente è rimasta chiusa in casa per ore”.
Amman: “Colpiti laboratori e trafficanti”
Nel comunicato diffuso in mattinata, l’esercito giordano ha spiegato di aver “mirato diverse fabbriche e officine usate da spacciatori di armi e droga”, senza però indicare con precisione i luoghi degli attacchi. “I siti sono stati distrutti grazie a informazioni di intelligence precise e in coordinamento con i nostri partner regionali”, si legge nel testo. Le forze armate di Amman affermano inoltre di aver “neutralizzato” alcuni presunti trafficanti che, a loro dire, stavano organizzando “operazioni di contrabbando di armi e droga” verso la Giordania.
Il traffico di captagon, una piaga senza confini
Il confine tra Giordania e Siria è da anni un punto caldo per il traffico di captagon, una droga che ha invaso il Medio Oriente e che, secondo vari rapporti delle Nazioni Unite e dell’Interpol, finanzia gruppi armati e reti criminali nella regione. Durante la lunga guerra civile siriana, il captagon è stato una fonte importante di soldi per il governo dell’ex presidente Bashar al-Assad, deposto nel dicembre 2024 dopo più di dieci anni di conflitto. Anche in Libano, Hezbollah – storico alleato del regime siriano – è stato più volte accusato di usare il traffico di questa sostanza per autofinanziarsi.
Pressioni e appelli per una cooperazione più forte
Negli ultimi anni, i Paesi vicini alla Siria – dalla Giordania all’Arabia Saudita – hanno denunciato un aumento dei sequestri di captagon ai valichi di frontiera. Hanno chiesto a Damasco e Beirut un impegno più deciso contro il traffico. Solo nel 2025, secondo il Ministero dell’Interno giordano, sono state sequestrate oltre 30 milioni di pasticche dirette sia al mercato locale sia a quello internazionale. “La situazione è fuori controllo”, ha ammesso a novembre un funzionario della sicurezza giordana, sottolineando come le reti criminali abbiano perfezionato le tecniche di contrabbando sfruttando la debolezza delle zone rurali siriane.
Un confine sempre più teso e incerto
L’operazione militare della notte scorsa segna un nuovo salto di tensione tra Giordania e Siria, in un contesto già fragile dopo la caduta del regime Assad. Le prime ricostruzioni parlano di nessuna vittima civile nei villaggi colpiti, ma la popolazione locale teme che la situazione possa peggiorare. “Viviamo nell’incertezza”, ha detto un residente a sud di Sweida. Le autorità siriane non hanno ancora fornito un bilancio ufficiale dei danni né dettagli sui presunti trafficanti colpiti.
Restano alte le attenzioni delle organizzazioni internazionali. L’Onu ha più volte chiesto una risposta comune contro il narcotraffico nell’area, invitando i governi regionali a evitare azioni che mettano a rischio i civili. Intanto, la frontiera tra Siria e Giordania resta uno dei punti più caldi del Medio Oriente.
