Roma, 25 dicembre 2025 – Un barcone con 117 migranti, partito dalla Libia la sera del 18 dicembre, è disperso da sei giorni nel Mediterraneo centrale. Oggi Alarm Phone, la piattaforma di soccorso attiva nella zona, ha lanciato l’allarme: si teme che l’imbarcazione sia affondata poco dopo la partenza, con la perdita quasi certa di tutti i passeggeri. La tragedia, avvenuta tra le coste di Zuwara e le acque internazionali, riporta al centro del dibattito la questione dei soccorsi e le responsabilità delle autorità coinvolte.
Migranti dispersi, la ricostruzione di Alarm Phone
La sera del 18 dicembre, una barca di legno con 117 persone è partita dal porto di Zuwara, in Libia. Il giorno dopo, alle 14, Alarm Phone riceve la segnalazione: la barca è in mare, ma da allora nessuna notizia. I volontari raccontano di aver provato a chiamare con il telefono satellitare, senza mai avere risposta. “Abbiamo subito allertato la Guardia Costiera italiana e le ong presenti, anche se non avevamo un segnale GPS preciso”, spiegano in una nota. Le chiamate si sono susseguite per ore, ma tutto è rimasto in silenzio.
Le autorità e i primi sospetti
Secondo quanto riferito da Alarm Phone, la risposta delle autorità non è stata rapida. “Quando abbiamo contattato la Guardia Costiera italiana, ci hanno detto di aver ricevuto la nostra mail, ma poi hanno chiuso la chiamata senza darci altre informazioni o rassicurazioni”, si legge nel comunicato diffuso oggi. La Guardia Costiera libica, invece, avrebbe detto al telefono di non aver soccorso né intercettato alcuna barca tra il 18 e il 19 dicembre. Un dettaglio che lascia aperti molti dubbi sulle possibilità di intervento in quelle ore decisive.
Il ritrovamento del sopravvissuto
La svolta arriva il 21 dicembre, due giorni dopo la partenza. Alcuni pescatori tunisini avvistano una barca alla deriva. A bordo c’è un solo uomo, visibilmente in stato di shock. Secondo il racconto del sopravvissuto – la cui identità resta riservata – il gruppo era partito da Zuwara due giorni prima. “Il tempo è peggiorato poche ore dopo la partenza”, ha detto ai soccorritori. Venti forti, onde alte, e nessun modo per chiedere aiuto. L’uomo sostiene di essere l’unico rimasto: “Eravamo 117, sono rimasto solo io”.
Mare in tempesta e soccorsi impossibili
Dalle testimonianze dei pescatori emerge che nella notte tra il 18 e il 19 dicembre il mare si è alzato rapidamente. I venti hanno raggiunto i 40 km/h, rendendo quasi impossibile navigare su una barca così fragile. Proprio in quelle ore Alarm Phone continuava senza sosta a cercare di mettersi in contatto via satellite, senza successo. “Abbiamo cercato di verificare queste informazioni – spiegano dall’ong – ma per ora non abbiamo conferme complete”. Al momento non risultano recuperi ufficiali di corpi o relitti.
Le reazioni delle ong e la richiesta di trasparenza
La notizia ha scosso le organizzazioni umanitarie attive nel Mediterraneo. “Se confermata, sarebbe l’ennesima tragedia silenziosa”, ha commentato un portavoce di Medici Senza Frontiere. Diverse ong chiedono ora che venga fatta chiarezza sulla catena dei soccorsi e sulle comunicazioni tra le autorità italiane e libiche dopo la segnalazione. “Serve trasparenza su quanto è successo”, ribadisce Alarm Phone.
Un bilancio ancora in bilico
Al momento, il bilancio resta incerto e carico di speranza e paura. Secondo le prime ricostruzioni, sarebbero 116 i dispersi: uomini, donne e bambini partiti con la speranza di raggiungere l’Europa. Le ricerche continuano, ma con il passare delle ore le possibilità di trovare altri sopravvissuti si riducono. In mare aperto, tra Zuwara e le coste tunisine, resta solo il silenzio.
