Arrestato il presidente dei Palestinesi in Italia: accuse di finanziamento a Hamas

Arrestato il presidente dei Palestinesi in Italia: accuse di finanziamento a Hamas

Arrestato il presidente dei Palestinesi in Italia: accuse di finanziamento a Hamas

Matteo Rigamonti

Dicembre 27, 2025

Roma, 27 dicembre 2025 – Questa mattina a Roma è stato arrestato Mohammad Hannoun, presidente dell’associazione dei palestinesi in Italia, nell’ambito di un’operazione congiunta di polizia e guardia di finanza che ha portato al fermo di nove persone accusate di aver finanziato Hamas. L’intervento, scattato all’alba tra Lazio, Lombardia ed Emilia-Romagna, arriva dopo mesi di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

Le accuse contro Hannoun e il suo ruolo

Gli investigatori hanno individuato Hannoun come “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica Hamas” e, più precisamente, come “leader della cellula italiana di Hamas”. È quanto emerge dagli atti dell’inchiesta, che descrivono una rete di contatti e trasferimenti di denaro tra l’Italia e la Striscia di Gaza. Secondo gli inquirenti, si tratterebbe di “un sistema ben organizzato”, con diramazioni anche in altri Paesi europei.

Hannoun, 61 anni, era già conosciuto dalle autorità per il suo impegno pubblico a favore della causa palestinese, ma finora non aveva mai ricevuto accuse così gravi. “Abbiamo seguito i flussi di denaro per mesi”, racconta un funzionario della Guardia di Finanza coinvolto nelle indagini. “Solo a quel punto abbiamo capito che una parte dei fondi raccolti veniva usata per scopi illeciti”.

L’operazione “Alba sul Tevere”: come è andata

L’operazione, chiamata “Alba sul Tevere”, ha mobilitato oltre cento agenti tra Roma, Milano, Bologna e Modena. Le perquisizioni sono iniziate poco dopo le 5 del mattino. In via Prenestina, a Roma, i residenti hanno visto le volanti della polizia fermarsi davanti a un palazzo grigio di quattro piani. “Non ci aspettavamo niente del genere”, dice una vicina di Hannoun, visibilmente scossa.

Dalle prime ricostruzioni, il gruppo avrebbe usato diverse associazioni culturali e conti bancari per far circolare soldi che poi finivano nelle casse di Hamas. Gli inquirenti parlano di almeno due milioni di euro movimentati negli ultimi tre anni. “Tutto è partito da una segnalazione per sospetto riciclaggio”, spiega un dirigente della polizia. Da lì, una lunga serie di controlli su bonifici sospetti e conversazioni telefoniche.

Reazioni nella comunità e in politica

L’arresto ha colpito la comunità palestinese in Italia. Alcuni membri dell’associazione di Hannoun si dicono “sorpresi” e chiedono “chiarezza”. Stamattina, davanti alla sede in zona Tiburtina, una decina di persone si sono radunate in silenzio. “Mohammad ha sempre lavorato per la pace”, racconta una collaboratrice storica, che preferisce restare anonima.

Sul fronte istituzionale, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha commentato: “L’Italia non accetta alcun finanziamento al terrorismo. Le forze dell’ordine hanno agito con fermezza e professionalità”. Anche la presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo, ha espresso soddisfazione: “Un segnale chiaro a chi pensa di usare il nostro territorio come base operativa”.

Cosa succede ora

Nei prossimi giorni gli arrestati saranno ascoltati dal giudice per le indagini preliminari a Roma. Gli avvocati difensori hanno già annunciato che chiederanno la scarcerazione. “Il mio assistito nega ogni accusa”, dice l’avvocato Marco Rossi, legale di Hannoun. Secondo la difesa, i fondi raccolti erano destinati a progetti umanitari.

Ma gli investigatori restano cauti. “Abbiamo documenti e movimenti bancari che dicono il contrario”, conferma una fonte della DDA. L’indagine è ancora aperta, anche per verificare eventuali legami con altre organizzazioni attive in Europa.

Un caso che fa discutere

L’arresto del presidente dell’associazione palestinese riporta al centro il tema dei rapporti tra associazioni e sicurezza nazionale. In queste ore si moltiplicano le reazioni politiche: alcuni membri della maggioranza chiedono controlli più severi sulle ONG straniere, mentre l’opposizione invita a non colpevolizzare tutta la comunità.

Intanto, la sede dell’associazione è chiusa. Sul citofono c’è ancora il nome di Mohammad Hannoun. Ma oggi, dietro quella porta, c’è solo silenzio.