Roma, 27 dicembre 2025 – Mohammad Hannoun, presidente dell’associazione dei palestinesi in Italia, è stato arrestato questa mattina a Genova durante un’operazione congiunta della Digos e della Guardia di Finanza. Secondo l’ordinanza firmata dalla gip Silvia Carpanini, Hannoun sarebbe a capo della presunta cellula italiana di Hamas e stava per lasciare definitivamente il Paese, diretto in Turchia, dove intendeva spostare le sue attività di finanziamento a un’organizzazione riconosciuta come terroristica dall’Unione Europea.
Il rischio fuga che ha fatto scattare l’arresto
La decisione di mettere Hannoun in carcere è arrivata nelle ultime ore. Le intercettazioni hanno mostrato chiaramente che l’uomo aveva già iniziato a preparare la fuga. Nell’ordinanza, la gip Carpanini parla di un “concreto e attualissimo pericolo di fuga”. Insomma, Hannoun era pronto a lasciare l’Italia senza ritorno. Le indagini, seguite dalla Procura di Genova, si sono concentrate soprattutto sui movimenti di denaro legati all’associazione guidata da Hannoun, con particolare attenzione ai trasferimenti verso l’estero.
Dispositivi cancellati: il tentativo di nascondere le prove
Non è solo la fuga a preoccupare gli investigatori. Secondo gli accertamenti, c’era anche il rischio che venissero cancellate prove importanti. Nel provvedimento si parla di “ripetute pulizie” di telefoni e computer da parte di Hannoun e degli altri indagati, per eliminare ogni traccia compromettente. Un comportamento che, per la gip, dimostra la volontà di ostacolare le indagini e giustifica il carcere preventivo.
Le accuse: soldi a Hamas e collegamenti esteri
Gli inquirenti sostengono che Hannoun facesse parte del “comparto estero di Hamas”, con un ruolo chiave nella raccolta e nel trasferimento di fondi destinati all’organizzazione. Le indagini, partite diversi mesi fa, hanno coinvolto anche altre persone tra Liguria, Lombardia e Lazio. “Abbiamo seguito i movimenti bancari e le comunicazioni tra i membri della rete”, ha spiegato una fonte della Digos genovese. Si sospetta che parte del denaro raccolto in Italia venisse inviato all’estero attraverso canali poco chiari, anche grazie a contatti in Turchia.
Le reazioni nelle comunità palestinesi in Italia
L’arresto ha subito fatto rumore nelle comunità palestinesi italiane. Alcuni hanno preferito non commentare, mentre altri hanno mostrato preoccupazione per le possibili conseguenze sulle attività culturali e sociali portate avanti negli ultimi anni. “Siamo sorpresi e amareggiati”, ha detto un volontario che frequenta la sede romana dell’associazione. Nel quartiere genovese dove Hannoun viveva, la mattinata è passata tra pattuglie della polizia e passanti curiosi davanti al portone dell’edificio.
Il punto sulla giustizia: cosa succederà ora
L’inchiesta, coordinata dal pm Marco Airoldi, è ancora aperta. Nei prossimi giorni sono previsti nuovi interrogatori e ulteriori controlli sui movimenti di denaro sospetti. I legali di Hannoun hanno già annunciato ricorso contro la misura cautelare, sostenendo che “non ci sono prove concrete che colleghino l’associazione a finalità terroristiche”. La gip Carpanini, però, nel suo decreto parla di “indizi gravi” e di “un’organizzazione strutturata con ramificazioni internazionali”.
Turchia, nuovo snodo cruciale dell’indagine
Il trasferimento delle attività in Turchia è un elemento chiave per gli investigatori. Il Paese sarebbe stato scelto come nuova base per motivi logistici e per la presenza di una rete già attiva. “Abbiamo riscontrato contatti frequenti con persone a Istanbul”, ha detto una fonte vicina all’indagine. L’attenzione resta alta anche a livello internazionale: nelle ultime settimane le autorità italiane hanno intensificato i controlli sui flussi di denaro verso zone considerate a rischio.
La vicenda resta aperta. Nei prossimi giorni si attendono sviluppi sia sul fronte giudiziario sia su quello diplomatico, mentre la comunità palestinese in Italia segue con apprensione gli sviluppi.
