Il chirurgo sfida il rifiuto della paziente e la salva: ora è a rischio denuncia

Il chirurgo sfida il rifiuto della paziente e la salva: ora è a rischio denuncia

Il chirurgo sfida il rifiuto della paziente e la salva: ora è a rischio denuncia

Matteo Rigamonti

Dicembre 27, 2025

Roma, 27 dicembre 2025 – Una donna di circa quaranta anni, Testimone di Geova, è stata operata d’urgenza al Policlinico Umberto I di Roma lo scorso 18 dicembre. Nonostante il suo netto rifiuto a ricevere una trasfusione di sangue per motivi religiosi, il chirurgo ha deciso di intervenire per salvarle la vita. Ora rischia una denuncia per violenza privata. Il caso riapre un dibattito acceso tra libertà di cura e rispetto della volontà del paziente.

Vita contro volontà: il dramma nel pronto soccorso

Tutto è accaduto in poche ore, tra i corridoi affollati del pronto soccorso del Policlinico romano. La donna, madre e residente a Roma, si è presentata verso le 10 del mattino con forti dolori addominali. Ha raccontato ai medici di aver subito un bypass gastrico qualche mese prima, un intervento per ridurre lo stomaco. Ma la situazione è apparsa subito grave. I medici hanno capito che serviva un’operazione urgente. Lei però ha ribadito: niente trasfusioni, per fede.

Fonti ospedaliere riferiscono che la donna avrebbe detto chiaramente: “Non voglio sangue, è contro la mia fede”. Una posizione ferma che ha messo i medici davanti a un bivio: agire in fretta per salvarle la vita o rispettare il suo rifiuto, garantito dalla Costituzione e dalla Cassazione.

Il sì del magistrato, il no del chirurgo

Prima di procedere, il chirurgo ha chiesto un parere al magistrato della Procura di Roma. La risposta è stata netta: la Suprema Corte riconosce il diritto dei Testimoni di Geova a rifiutare le trasfusioni anche se rischiano la vita. “Il rifiuto va rispettato”, avrebbe ricordato il magistrato, citando precedenti importanti.

Eppure, quando le condizioni della donna sono peggiorate, il medico ha deciso di andare avanti con l’operazione. L’intervento, durato più di due ore e iniziato poco dopo mezzogiorno, ha reso necessaria una trasfusione per stabilizzare la paziente. Dopo l’operazione è stata portata in terapia intensiva e, stando alle ultime notizie, è fuori pericolo.

Il prezzo legale del gesto: il giuramento a rischio denuncia

Il chirurgo ha agito seguendo il giuramento di Ippocrate: “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio”. Ma ora rischia una denuncia per violenza privata, come previsto dall’articolo 610 del codice penale. In casi simili, la giurisprudenza tende spesso a dare ragione ai pazienti che hanno espresso un rifiuto consapevole.

“È una questione molto delicata”, spiega un avvocato specializzato in diritto sanitario. “La libertà religiosa e il diritto a decidere sulle cure sono diritti fondamentali. Però il medico si trova spesso diviso tra rispettare la volontà del paziente e il dovere morale e professionale di salvargli la vita”.

Reazioni contrastanti nel mondo medico

Il caso ha acceso il dibattito tra i colleghi e nel mondo sanitario romano. Alcuni medici hanno mostrato solidarietà al chirurgo: “In quei momenti pensi solo a salvare chi hai davanti”, racconta un collega del reparto. Altri invece sottolineano l’importanza di rispettare sempre le scelte dei pazienti: “La legge è chiara”, ricorda una dottoressa della direzione sanitaria.

Intanto, l’Ordine dei Medici di Roma segue la vicenda con attenzione. Non si esclude che la vicenda arrivi presto davanti a un giudice. La donna, intanto, è stata dimessa in buone condizioni e sta a casa con la sua famiglia.

Quando la fede sfida la medicina: un caso che fa discutere

La storia del Policlinico Umberto I riporta sotto i riflettori il tema della libertà religiosa nei trattamenti sanitari. Ogni anno in Italia si contano decine di casi simili, soprattutto tra i Testimoni di Geova, secondo i dati del Ministero della Salute. La legge tutela il diritto di scegliere le cure, ma nelle emergenze non sempre è facile trovare soluzioni semplici.

“Non ci sono risposte facili”, ammette un dirigente sanitario romano. “Bisogna sempre bilanciare più valori: la vita, la fede, la responsabilità del medico”. E mentre il dibattito continua tra tribunali e ospedali, resta aperta la domanda più difficile: dove finisce il dovere del medico e dove comincia la coscienza di ciascuno?