Pensioni 2026: scopri le opportunità personalizzate per il tuo futuro

Pensioni 2026: scopri le opportunità personalizzate per il tuo futuro

Pensioni 2026: scopri le opportunità personalizzate per il tuo futuro

Giada Liguori

Dicembre 27, 2025

Roma, 27 dicembre 2025 – Nel 2026 chi vorrà andare in pensione dovrà fare i conti con regole ormai ben note. L’età minima per la pensione di vecchiaia resta 67 anni. Per la pensione anticipata, invece, servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, un anno in meno per le donne, più una finestra mobile di tre mesi da aspettare prima di incassare l’assegno. La legge di Bilancio ha confermato queste norme, senza proroghe per alcune misure come Opzione donna, e tutto resterà così almeno fino al prossimo anno, quando sono previsti nuovi aggiustamenti.

Pensione di vecchiaia: niente novità sui requisiti

Nel 2026 per prendere la pensione di vecchiaia bisognerà aver compiuto 67 anni e aver versato almeno 20 anni di contributi. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, quindi con un sistema contributivo puro, deve invece assicurarsi che l’assegno non sia sotto l’importo minimo dell’assegno sociale: almeno 546 euro al mese. Se non si raggiunge questa soglia, si dovrà aspettare fino a 71 anni, con almeno cinque anni di contributi. “Questa regola penalizza chi ha avuto carriere a singhiozzo o stipendi bassi”, spiega un consulente del patronato Inca Cgil di Roma.

Pensione anticipata: contributi e attese

Per andare in pensione anticipata servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Dopo aver raggiunto questi limiti, si deve aspettare altri tre mesi prima di ricevere la pensione. Qui non conta l’età anagrafica. “Molti lavoratori si vedono costretti a restare al lavoro per pochi mesi di contributi mancanti”, sottolinea un rappresentante della Cisl.

Pensione a 64 anni solo per chi è nel sistema contributivo

Chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996 può andare in pensione a 64 anni, ma solo se ha accumulato almeno 25 anni di contributi e se l’assegno è almeno tre volte quello sociale (circa 1.638 euro al mese nel 2026). Questa opzione riguarda soprattutto chi è nato entro il 1962, ma esclude molti lavoratori con stipendi bassi. “La soglia di reddito lascia fuori tanti lavoratori precari”, ammette un esperto previdenziale.

Ape sociale: proroga ma con limiti

Anche nel 2026 resta l’Ape sociale, destinata a chi è in difficoltà: bisogna avere almeno 63 anni e 5 mesi e 30 anni di contributi (36 per lavori pesanti). Possono accedervi i nati entro luglio 1963 che siano disoccupati, caregiver o invalidi almeno al 74%. L’assegno massimo è di 1.500 euro al mese, senza tredicesima. “L’Ape sociale è una boccata d’aria per chi ha difficoltà a restare nel mondo del lavoro”, commenta un operatore del Caf.

Quota 41 per i lavoratori precoci

I cosiddetti “precoci” – chi ha versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni – possono andare in pensione anticipata con 41 anni di contributi, se rientrano in categorie protette come caregiver, disoccupati, invalidi o chi fa lavori usuranti. Questa possibilità riguarda chi ha iniziato a lavorare stabilmente dal 1985. “È una strada importante per chi ha iniziato presto e fatto lavori pesanti”, spiega un sindacalista della Uil.

Lavori gravosi e usuranti: le regole fino al 2026

Chi fa lavori gravosi può andare in pensione a 66 anni e 7 mesi con almeno 30 anni di contributi. Tra questi ci sono operai, infermieri, insegnanti della scuola dell’infanzia. Chi svolge attività usuranti (turnisti notturni, operai in catena di montaggio, chi lavora ad alte temperature) può uscire con la “quota 97,6”: almeno 61 anni e 7 mesi e 35 anni di contributi (per gli autonomi un anno in più). La misura riguarda chi è nato fino ai primi mesi del 1965 e ha lavorato ininterrottamente dal 1991.

Invalidità e isopensione: altre strade per uscire

I lavoratori dipendenti con una capacità lavorativa ridotta almeno dell’80% possono accedere alla pensione di invalidità dai 61 anni per gli uomini e dai 56 per le donne. C’è poi l’isopensione, che permette uno scivolo fino a sette anni prima della pensione normale, ma solo con un accordo tra azienda e lavoratore. In questo caso, però, i costi restano tutti a carico dell’impresa.

Il quadro rimane complesso e spesso difficile da seguire. “Le regole cambiano spesso, non è facile orientarsi”, confida una pensionanda romana in fila all’Inps di via Ballarin. Nel 2026, insomma, per arrivare alla pensione serviranno ancora attenzione e tanta pazienza.