Pensioni in evoluzione: dall’età che si alza ai lavori usuranti, cosa ci riserva il futuro

Pensioni in evoluzione: dall'età che si alza ai lavori usuranti, cosa ci riserva il futuro

Pensioni in evoluzione: dall'età che si alza ai lavori usuranti, cosa ci riserva il futuro

Giada Liguori

Dicembre 27, 2025

Roma, 27 dicembre 2025 – Con l’ultima manovra di bilancio, il governo ha cambiato le regole sull’accesso alla pensione. Alcune misure spariscono, altre diventano più rigide. Dopo il via libera a Palazzo Chigi e l’ok del Parlamento, si chiude definitivamente la stagione di Opzione Donna, cambiano le norme per i lavori usuranti e si rivedono i parametri legati all’aspettativa di vita. Restano invece fermi gli orari di uscita e le regole per il riscatto della laurea.

Addio a Opzione Donna: l’ultimo treno è il 31 dicembre

La cosiddetta Opzione Donna – che permetteva alle lavoratrici di andare in pensione prima con il calcolo contributivo – non ci sarà più dal prossimo anno. Chi vuole approfittarne deve fare in fretta: c’è tempo solo fino al 31 dicembre 2025. “Abbiamo cercato di rispettare i diritti già acquisiti”, ha spiegato una fonte del Ministero del Lavoro, “ma la misura non verrà rinnovata”. In pratica, dal 2026 questa strada sarà chiusa, anche se chi ha già i requisiti potrà comunque usarla.

Negli ultimi anni le donne che ne hanno usufruito sono diminuite. Per rientrare in Opzione Donna servivano almeno 35 anni di contributi e 61 anni di età (con qualche sconto per chi ha figli), oltre a situazioni difficili come licenziamento, ruolo di caregiver o invalidità superiore al 74%. Quando è partita, il calcolo contributivo era molto penalizzante, ma oggi pesa meno perché molte lavoratrici hanno ormai pochi anni nel sistema retributivo, visto che dal 1996 si usa il contributivo pro rata.

Aspettativa di vita, i requisiti salgono ma piano piano

La manovra cambia anche l’adeguamento delle pensioni in base all’aspettativa di vita. Il previsto aumento automatico di tre mesi dal 2027 è stato ridotto e diluito. Dal 2027 i requisiti saliranno di un solo mese; l’incremento completo di tre mesi scatterà solo nel 2028. Nel dettaglio, nel 2026 si potrà ancora andare in pensione di vecchiaia a 67 anni, o anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), più tre mesi di finestra mobile. Dal 2027 servirà un mese in più, dal 2028 tre mesi in più.

“Abbiamo evitato un salto troppo brusco”, ha confidato un tecnico del Ministero dell’Economia. Dietro la scelta ci sono i dati Istat e le pressioni dei sindacati, che chiedevano un passo più morbido.

Previdenza integrativa, niente più anticipo con la somma delle pensioni

Cambia anche la possibilità di usare la previdenza integrativa per anticipare la pensione. Dal 2026 non si potrà più sommare l’assegno principale con quello integrativo per raggiungere il minimo richiesto (tre volte l’assegno sociale, cioè 1.638 euro lordi al mese) tre anni prima dell’età per la pensione di vecchiaia. L’anticipo resta possibile solo se si raggiunge quella soglia con la pensione principale da sola.

“Questa misura serve a rafforzare la sostenibilità del sistema”, spiega un funzionario Inps. Il cambiamento riguarda chi ha il calcolo contributivo e punta a uscire a 64 anni nel 2026.

Tfr, più aziende costrette a versare all’Inps

La legge di Bilancio allarga anche il numero delle imprese che devono versare il Tfr all’Inps. Dal prossimo anno, saranno coinvolte tutte le aziende con più di 40 dipendenti (prima la soglia era 50). Queste realtà non potranno più tenere il Tfr come forma di autofinanziamento.

La novità non è stata accolta bene da alcune associazioni di categoria. “Per molte imprese significa meno liquidità a disposizione”, commenta un rappresentante di Confindustria.

Lavori usuranti, meno risorse per l’anticipo dal 2033

Infine, la manovra taglia il fondo per l’anticipo pensionistico dedicato a chi fa lavori usuranti. Dal 2033 ci saranno meno soldi per chi lavora alla catena di montaggio, nei turni notturni o in mansioni pesanti, a patto che abbia svolto questi lavori almeno sette anni negli ultimi dieci o per metà della carriera.

I sindacati temono che questa scelta penalizzi chi ha fatto lavori faticosi. Il governo risponde che “è un aggiustamento necessario, visto il budget disponibile”.

La riforma delle pensioni contenuta nella manovra segna una svolta per molti lavoratori. Cambiano le regole e i tempi. Chi è vicino alla pensione dovrà fare bene i conti con le nuove norme.