Londra, 27 dicembre 2025 – Per la prima volta, un gruppo di scienziati britannici ha “ascoltato” i messaggi molecolari scambiati tra embrione ed endometrio nelle primissime fasi dell’impianto, facendo luce su uno dei momenti più misteriosi della gravidanza. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell dal team del Babraham Institute di Cambridge, apre nuove prospettive per capire le cause degli aborti precoci e dei frequenti fallimenti nelle procedure di fecondazione in vitro.
In laboratorio, un endometrio quasi reale
Il lavoro, guidato da Peter Rugg-Gunn, è partito da un’esigenza chiara: ricostruire in laboratorio un endometrio il più simile possibile a quello umano. Per farlo, i ricercatori hanno usato campioni di tessuto presi da donne sottoposte a biopsia, mappando con cura i diversi tipi di cellule e la loro disposizione. Solo dopo aver ricreato questa complessa struttura hanno potuto andare avanti.
“Volevamo capire come si parla l’embrione con l’endometrio nei primi giorni – ha spiegato Rugg-Gunn – perché è lì che si decide se la gravidanza andrà avanti”. Il modello così creato è stato messo alla prova con embrioni soprannumerari, donati da cicli di fecondazione in vitro e non più utilizzabili per l’impianto.
I primi scambi tra embrione e utero
A contatto con l’endometrio artificiale, gli embrioni si sono comportati come in natura: hanno attecchito e cominciato a rilasciare le prime molecole fondamentali per il loro sviluppo e per la formazione della futura placenta. Per la prima volta, è stato possibile seguire direttamente i segnali molecolari nei primi 12-14 giorni dopo la fecondazione.
Gli autori sottolineano che questa finestra temporale è decisiva, ma finora poco conosciuta. “L’impianto e i primi passi dello sviluppo sono eventi che normalmente restano nascosti”, racconta Irene Zorzan, prima autrice insieme a Sarah Elderkin. “Questo ha reso difficile capire i meccanismi cellulari e molecolari di una fase così delicata”.
Nuove speranze per la fertilità
Capire come si parlano embrione ed endometrio potrebbe avere effetti concreti su diagnosi e cure per chi ha problemi di fertilità. I ricercatori spiegano che ora si potrà scoprire meglio cosa causa gli aborti precoci e i fallimenti dell’impianto, ostacoli ancora molto frequenti nella procreazione assistita.
“Finalmente possiamo vedere cose che prima erano invisibili nei primissimi momenti dello sviluppo”, aggiunge Zorzan. “Sapere cosa fa andare bene una gravidanza è il primo passo per intervenire quando qualcosa non funziona”.
Un salto avanti nella ricerca sulla gravidanza
Il lavoro del Babraham Institute rappresenta un passo avanti importante nella ricerca sulla gravidanza precoce, un campo pieno di domande ancora aperte. La tecnica usata permette non solo di studiare i segnali molecolari, ma anche di testare come farmaci o malattie influenzano l’impianto embrionale.
Gli esperti dicono che i risultati potrebbero portare a nuove strategie per aumentare il successo della fecondazione assistita, riducendo i rischi di insuccesso e dando speranza a molte coppie che lottano con la fertilità.
Per ora, spiegano gli autori, si tratta di un modello sperimentale che va ancora confermato. Ma la strada è segnata: “Abbiamo finalmente uno strumento per vedere quello che prima era nascosto”, conclude Rugg-Gunn. Un piccolo passo in laboratorio, che può cambiare molto nella vita di chi sogna una famiglia.
