Genova, 28 dicembre 2025 – Nove arresti sono stati eseguiti nelle ultime ore a Genova e in diverse città italiane ed europee, nell’ambito di un’ampia operazione antiterrorismo. L’inchiesta ha smascherato un presunto sistema di finanziamento a Hamas tramite alcune associazioni benefiche. Tra i fermati spicca il nome di Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun, presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia, considerato dagli investigatori il capo della cellula italiana collegata al gruppo palestinese. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova e condotta dalla Digos, ha portato al sequestro di beni per un valore superiore a otto milioni di euro.
Associazioni benefiche sotto accusa: cosa hanno scoperto gli investigatori
Dalle indagini è emerso che gli arrestati facevano parte o sostenevano una vera e propria rete italiana di Hamas, riconosciuta dall’Unione europea come gruppo terroristico. Il reato contestato è quello di associazione con finalità di terrorismo internazionale, secondo l’articolo 270 bis del codice penale. Al centro dell’inchiesta ci sono tre associazioni: l’Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese (nata a Genova nel 1994), l’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese – Organizzazione di volontariato (sempre Genova, 2003) e la più recente La Cupola d’oro (Milano, 2023).
Secondo gli inquirenti, queste organizzazioni, formalmente dedite ad attività umanitarie per i palestinesi, avrebbero invece canalizzato fondi direttamente a Hamas o a suoi enti collegati. “Dietro le raccolte fondi si nascondeva un meccanismo ben organizzato di finanziamento”, ha spiegato una fonte vicina all’indagine.
Soldi in movimento: bonifici, triangolazioni e trasferimenti internazionali
Tra il 2001 e oggi, sono stati raccolti e trasferiti circa 7,3 milioni di euro, secondo le stime della procura. Un flusso che, soprattutto dopo il 7 ottobre 2023 – giorno dell’attacco di Hamas in Israele – ha subito un’impennata. Il denaro viaggiava attraverso bonifici bancari, passaggi via associazioni estere e triangolazioni internazionali, per arrivare poi alla Striscia di Gaza o ai Territori palestinesi occupati.
L’accusa sostiene che una parte consistente di questi soldi servisse a sostenere le famiglie di attentatori suicidi o di detenuti condannati per terrorismo. “Non si trattava solo di aiuti umanitari”, ha precisato un investigatore, “ma di un vero sostegno economico e logistico all’organizzazione”.
Mohammad Hannoun, il fulcro della rete italiana
Tra i protagonisti dell’inchiesta c’è Mohammad Hannoun, 64 anni, residente a Genova da oltre vent’anni. La procura lo indica come l’uomo che ha gestito la raccolta fondi, destinando oltre il 71% delle donazioni direttamente a Hamas. Nei documenti dell’indagine, Hannoun è descritto come il punto di riferimento stabile della cellula italiana, con contatti regolari con i vertici del gruppo in Europa e Medio Oriente.
Avrebbe preso parte a riunioni internazionali e coordinato le attività con strutture simili in Olanda, Francia, Austria e Regno Unito. “Era lui il riferimento principale per la rete europea”, si legge negli atti. La sua figura emerge anche nei rapporti con altre associazioni caritative, spesso usate come copertura per le operazioni finanziarie.
Un’inchiesta che attraversa i confini: intercettazioni e collaborazione internazionale
L’indagine è partita da alcune segnalazioni di movimenti bancari sospetti, risalenti a prima del 7 ottobre 2023. Solo dopo quella data gli investigatori hanno avviato intercettazioni telefoniche e ambientali, monitorato i flussi di denaro e raccolto prove digitali. Fondamentale è stato il supporto di Eurojust e delle autorità israeliane, che hanno aiutato a ricostruire i trasferimenti internazionali.
La Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova sostiene che Hamas abbia costruito una rete europea di associazioni caritative che non servono solo a raccogliere fondi, ma anche a fare propaganda e a rafforzare il consenso. “Questo modello è già stato visto in altri Paesi Ue”, ha spiegato un magistrato coinvolto.
Le reazioni e cosa succederà adesso
Subito dopo gli arresti, la comunità palestinese in Liguria ha detto di essere “sorpresa” dalle accuse, chiedendo di fare chiarezza sulle responsabilità di ognuno. Le difese degli indagati hanno già annunciato ricorsi contro le misure cautelari. Intanto, proseguono le verifiche sui flussi di denaro e sulle attività delle associazioni coinvolte.
L’inchiesta resta aperta: nei prossimi giorni sono previsti nuovi interrogatori e ulteriori sviluppi. Gli inquirenti non escludono che la rete possa estendersi anche ad altri Paesi europei.
