Milano, 28 dicembre 2025 – Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia, è finito nel mirino di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Genova. Secondo gli investigatori, avrebbe guidato per anni una rete di associazioni benefiche che, dietro la facciata di solidarietà, avrebbero finanziato le attività di Hamas in Europa. Hannoun, 62 anni, è uno dei nove arrestati nei giorni scorsi con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale.
Un passato segnato da sospetti e archiviazioni
Il nome di Hannoun non è nuovo alle procure italiane. Già nel 1991, emergeva in un’inchiesta sul Centro Islamico Genovese, dove si sospettava fosse attiva una cellula di Hamas sotto il suo controllo. All’epoca, però, l’indagine si chiuse senza accuse. Dieci anni dopo, nel 2001, una nuova perquisizione portò al sequestro di documenti legati al gruppo terroristico. Hannoun spiegò che li aveva trovati nei locali del centro, senza saperne nulla. Nessuna accusa fu mossa allora. Ora, dopo anni di controlli e intercettazioni, la procura ritiene di avere prove sufficienti per contestargli un ruolo di vertice nella presunta rete di finanziamento.
Le nuove accuse: oltre la solidarietà
La Dda di Genova sostiene che Hannoun non fosse solo un organizzatore di iniziative solidali. Avrebbe avuto un ruolo centrale nel Centro Islamico e guidato l’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese (ABSPP), con cui sarebbero stati raccolti fondi destinati ai territori occupati. Parallelamente, organizzava congressi e incontri pubblici con ospiti noti per posizioni radicali nel mondo islamico. Gli inquirenti sottolineano che, in diverse occasioni, durante questi eventi si siano sentiti appelli alla “strategia del terrore”. Un dettaglio che ora pesa nelle accuse.
Intercettazioni che svelano un network europeo
L’indagine, a cui ha collaborato anche la Guardia di finanza, si basa su mesi di intercettazioni telefoniche e ambientali. Gli investigatori parlano di “numerose e significative conversazioni” tra Hannoun e contatti in Olanda, Austria, Francia e Inghilterra. Secondo la polizia, questi scambi confermerebbero l’esistenza di una “rete organizzata a livello internazionale” impegnata a raccogliere fondi per Hamas, mascherata da attività benefiche. Un passaggio chiave riguarda una riunione in Turchia, lo scorso dicembre, a cui Hannoun ha partecipato insieme a Ali Baraka, figura di spicco dell’organizzazione palestinese. Negli atti si parla di espressioni di apprezzamento da parte di Hannoun verso attentati terroristici.
Negli Stati Uniti è già nella black list
Il profilo di Mohammad Hannoun era già noto oltreoceano. Nel 2024 il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo ha inserito nella black list delle persone e entità sanzionate per legami con Hamas. Secondo Washington, l’ABSPP sarebbe “un ente fittizio creato per finanziare l’ala militare” del gruppo palestinese. Gli americani stimano che, in dieci anni, siano stati versati almeno quattro milioni di dollari a organizzazioni controllate da Hamas. Accuse pesanti che Hannoun ha sempre negato.
Foglio di via da Milano e tensioni crescenti
La vicenda ha avuto risvolti anche in Italia. Lo scorso ottobre, Hannoun ha ricevuto un foglio di via da Milano per un anno: il provvedimento gli è stato notificato all’aeroporto di Linate, mentre tornava da Roma, dove aveva partecipato a una manifestazione pro-Palestina. Il motivo? “Istigazione alla violenza e all’odio”, legata ad alcune sue dichiarazioni pubbliche. Nonostante il divieto, Hannoun è tornato a partecipare a cortei e raduni nell’hinterland milanese, spingendo altri comuni a chiedere l’intervento delle autorità. “Sono misure aggressive contro chi sostiene la causa palestinese”, ha detto ai giornalisti.
Un caso che fa discutere
L’arresto e le accuse contro Mohammad Hannoun hanno acceso un acceso dibattito tra comunità arabe e istituzioni italiane. Da un lato, c’è chi chiede chiarezza sui flussi di denaro verso i territori palestinesi. Dall’altro, chi teme che la repressione possa colpire anche chi fa davvero solidarietà. La magistratura di Genova continua a indagare: nelle prossime settimane sono previsti nuovi interrogatori e l’analisi di altri documenti sequestrati. Solo allora si capirà se dietro la solidarietà si nascondeva davvero una rete per finanziare il terrorismo internazionale.
