Firenze, 30 dicembre 2025 – La Corte costituzionale si è pronunciata oggi sulla legge toscana sul fine vita, stabilendo che non è del tutto illegittima, anche se alcune sue parti oltrepassano le competenze riservate allo Stato. Una decisione molto attesa, che arriva dopo l’esame del testo approvato dal Consiglio regionale della Toscana e contestato dal governo. È un passaggio importante nel dibattito italiano sul suicidio assistito. I giudici hanno riconosciuto valide alcune norme regionali, ma hanno bocciato quelle che invadono settori civili e penali di esclusiva competenza statale.
Consulta, la parola definitiva sulla legge toscana
Nel dettaglio, la Corte costituzionale ha cancellato l’articolo 2 della legge, quello che stabiliva direttamente i requisiti per accedere al suicidio medicalmente assistito, basandosi sulle sentenze n. 242/2019 e n. 135/2024. Per la Corte, la Regione non può sostituirsi allo Stato su materie così delicate né prendere in mano principi già stabiliti dalla stessa Corte. Sono stati bocciati anche gli articoli 5 e 6, nelle parti in cui fissavano scadenze rigide per verificare i requisiti e regolavano le modalità di attuazione. Secondo la Consulta, si tratta di aspetti che devono essere uniformi in tutta Italia.
Non è tutto. L’articolo 7, comma 1, che prevedeva il supporto tecnico, farmacologico e sanitario delle Asl per aiutare nella preparazione all’autosomministrazione del farmaco, è stato giudicato oltre i limiti della competenza regionale. La Corte ha precisato che le Regioni possono introdurre regole organizzative e procedurali, anche quando manca una legge nazionale completa, ma non possono sostituirsi allo Stato nei principi fondamentali.
Le reazioni: tra soddisfazione e rivendicazioni
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha espresso soddisfazione per la sentenza: “La Consulta ci riconosce la legittimità e i contenuti sulla materia del fine vita”, ha detto nel pomeriggio. Ha poi sottolineato come “su questo tema lo Stato è rimasto completamente assente, nonostante la stessa Corte, con la sentenza 242/2019, avesse invitato il legislatore nazionale a muoversi”. Giani ha rivendicato il diritto delle Regioni a legiferare in materia: “La Toscana è stata la prima. Il Governo voleva abrogare la nostra legge, ma la Consulta ci ha dato ragione”.
Anche l’Associazione Luca Coscioni, promotrice della campagna “Liberi Subito”, ha accolto con favore la decisione. Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria e tesoriere dell’associazione, hanno commentato: “Le censure riguardano solo singoli aspetti tecnici, che non mettono in discussione né i diritti delle persone malate né l’obbligo delle strutture pubbliche di applicare i principi costituzionali già fissati”. Secondo loro, il tentativo del Governo di bloccare tutto è stato respinto dalla Corte.
Norme in bilico tra Stato e Regioni
Tutto nasce da una proposta popolare sostenuta dall’Associazione Coscioni, che il Consiglio regionale toscano ha approvato con ampia maggioranza. La legge prevedeva la creazione di commissioni multidisciplinari in ogni Asl, incaricate di valutare le condizioni cliniche dei pazienti e accompagnarli nel percorso verso l’autosomministrazione del farmaco. L’obiettivo era garantire una morte dignitosa a chi ne facesse richiesta, nel rispetto delle sentenze della Corte costituzionale.
Per i giudici, la legge toscana rientra nella competenza concorrente sulla tutela della salute, perché regola aspetti organizzativi e procedurali dell’assistenza sanitaria. Ma alcune sue parti hanno superato i limiti della competenza regionale, entrando in settori riservati allo Stato, come quelli civili e penali.
Cosa cambia davvero per il fine vita in Italia
La sentenza della Corte segna un punto fermo nel confronto sul fine vita. Da una parte conferma che le Regioni possono intervenire per organizzare i servizi sanitari legati al suicidio assistito; dall’altra ribadisce che i principi fondamentali restano di competenza statale. In assenza di una legge nazionale chiara – più volte sollecitata dalla stessa Corte – la questione resta aperta.
Per ora, la Toscana conserva una parte della sua legge, ma dovrà modificare le disposizioni contestate dalla Consulta. Il confronto tra istituzioni e società civile continua: “Solo allora – ha spiegato un funzionario regionale – capiremo se questa sentenza farà davvero la differenza nella vita di chi soffre”. Nel frattempo, il dibattito sul diritto a scegliere come morire rimane acceso.
