Mohamed Shahin: il diritto d’asilo vince, resta in Italia l’imam di Torino

Mohamed Shahin: il diritto d'asilo vince, resta in Italia l'imam di Torino

Mohamed Shahin: il diritto d'asilo vince, resta in Italia l'imam di Torino

Matteo Rigamonti

Dicembre 31, 2025

Torino, 31 dicembre 2025 – Mohamed Shahin, l’imam egiziano che guida la comunità islamica di via Chivasso a Torino, resterà in Italia. La Corte di Appello di Caltanissetta ha bocciato il ricorso del governo contro la sospensione dell’espulsione, confermando che Shahin – in quanto richiedente asilo – non può essere rimpatriato finché non si chiude la sua pratica. La decisione è arrivata ieri pomeriggio, dopo settimane di tensioni e polemiche, riportando al centro il tema dei diritti dei migranti e delle misure di sicurezza.

La battaglia legale che tiene banco

Il caso di Mohamed Shahin è esploso lo scorso ottobre, quando il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha firmato il decreto di espulsione. Il Viminale sostiene che Shahin abbia espresso parole di sostegno all’attacco di Hamas del 7 ottobre contro Israele, durante alcune prediche nella moschea di Torino. Un’accusa pesante che ha fatto scattare subito la procedura di allontanamento. Ma il tribunale di Caltanissetta aveva già bloccato l’espulsione, riconoscendo a Shahin lo status di richiedente asilo.

Il governo, tramite l’Avvocatura dello Stato, aveva fatto ricorso contro quella decisione. I giudici della Corte d’Appello hanno però confermato quanto deciso in primo grado: “La condizione di richiedente asilo – si legge nel dispositivo – impedisce il rimpatrio fino alla conclusione dell’iter amministrativo”. Una motivazione che, secondo fonti giudiziarie, si basa sulle leggi italiane e sulle direttive europee per la protezione internazionale.

Reazioni a caldo e il pensiero del Viminale

La notizia dello stop all’espulsione ha subito acceso il dibattito politico. Da una parte, esponenti della maggioranza hanno espresso “profondo rammarico” per una decisione che, secondo loro, mette a rischio “la sicurezza nazionale”. Il ministro Piantedosi, intervistato a margine di un incontro a Roma, ha detto: “Rispettiamo le sentenze, ma resta la nostra preoccupazione per chi inneggia alla violenza”.

Dall’altra, associazioni per i diritti umani e rappresentanti della comunità islamica hanno accolto con sollievo la sentenza. “La legge è uguale per tutti – ha commentato Ahmed El Sayed, portavoce del Centro culturale islamico di Torino – e chi chiede asilo deve poter avere la propria domanda valutata senza pressioni”.

Chi è l’imam e cosa gli viene contestato

Mohamed Shahin, 42 anni, originario del Cairo, vive in Italia da oltre dieci anni. È conosciuto tra i fedeli per il suo impegno sociale e per il dialogo interreligioso. Ma, secondo gli investigatori, durante alcune prediche avrebbe usato parole considerate “di incitamento all’odio” contro Israele, dopo l’attacco del 7 ottobre. Shahin ha sempre negato: “Non ho mai sostenuto la violenza – ha detto ai suoi avvocati –. Ho solo espresso dolore per le vittime civili”.

La Procura di Torino ha aperto un fascicolo esplorativo, ma finora non ci sono accuse penali nei suoi confronti. La questione resta quindi sul piano amministrativo e politico.

E adesso cosa succede

Con la decisione della Corte d’Appello, Shahin potrà restare in Italia almeno fino a quando non si concluderà la sua pratica per il riconoscimento dello status di rifugiato. I tempi, però, non saranno brevi: fonti del Ministero dell’Interno parlano di mesi. Nel frattempo, l’imam continuerà a vivere a Torino, sotto l’occhio delle autorità, con una comunità divisa tra solidarietà e preoccupazione.

“Non vogliamo tensioni – ha confidato un fedele uscendo dalla moschea – ma chiediamo solo che si faccia chiarezza”. Il caso Shahin resta così un banco di prova per trovare un equilibrio tra sicurezza e diritti fondamentali, in un momento in cui il tema dell’immigrazione torna a far discutere nel nostro paese.