Brescia, 4 novembre 2025 – L’impatto ambientale dell’estrazione dei metalli critici come litio, argento e cobalto – elementi chiave per le batterie e i pannelli solari – è aumentato drasticamente negli ultimi anni. A dirlo è uno studio pubblicato sulla rivista Resources, Conservation and Recycling, firmato dal gruppo guidato da Elza Bontempi e Nicola Saccani dell’Università di Brescia. La ricerca evidenzia un paradosso evidente: la spinta verso la transizione energetica rischia di rallentare a causa dell’aumento delle emissioni di CO2 legate alle attività estrattive.
Miniere sempre più profonde, emissioni alle stelle
Negli ultimi cinque anni, dal 2019 al 2024, la richiesta mondiale di metalli strategici è esplosa. Per far fronte a questa domanda, le miniere hanno dovuto spingersi in luoghi sempre più isolati o scavare più a fondo. Il risultato? Le emissioni di anidride carbonica sono cresciute fino a quattro volte rispetto al passato. Nicola Saccani, docente di Ingegneria gestionale a Brescia, spiega: “Il cobalto ha visto l’aumento più forte: l’impronta di carbonio è salita di oltre il 400%, mentre la produzione globale è raddoppiata”.
Il caso del litio è particolarmente significativo. La sua estrazione è più che raddoppiata (+200%), ma le emissioni legate sono triplicate. Anche altri metalli come argento (+350%), oro (+140%) e platino (+180%) seguono la stessa tendenza. Questi materiali non servono solo all’energia pulita, ma anche all’aeronautica, all’elettronica e alla farmaceutica.
La transizione energetica messa alla prova
Questa situazione crea un vero e proprio paradosso, come sottolinea Elza Bontempi: “Le tecnologie che dovrebbero abbassare l’impatto ambientale rischiano di generare nuove emissioni, se non si cambia il modo in cui si estraggono i metalli”. Il problema va oltre le emissioni di gas serra: l’espansione delle miniere in aree delicate mette a rischio sia le comunità locali sia gli ecosistemi.
I dati raccolti mostrano che l’impronta di carbonio varia molto a seconda della geologia e delle tecniche usate. In alcune miniere in Africa o Sud America, per esempio, l’energia necessaria all’estrazione e alla lavorazione arriva ancora da fonti fossili.
Riciclo, l’uscita di sicurezza
Una possibile soluzione arriva dal riciclo dei metalli critici. “Adottare pratiche circolari nella filiera delle batterie al litio porta diversi vantaggi”, spiega Saccani. “Non solo si riduce la dipendenza dalle materie prime, ma si limita anche l’impatto sulle miniere e sulle persone che vivono vicino a questi siti”.
Negli ultimi mesi sono partiti diversi progetti per recuperare i materiali preziosi dai rifiuti elettronici e dalle batterie esauste. Tra questi spicca il progetto Amelie, coordinato dall’Università di Brescia nell’ambito del Partenariato Esteso Mics (Made in Italy Circolare e Sostenibile), finanziato dal programma Next-GenerationEU (Pnrr). L’obiettivo è sperimentare nuove tecnologie italiane per recuperare al massimo litio, cobalto e altri metalli dalle batterie agli ioni di litio a fine vita.
Sfide e prospettive per il futuro
Per gli autori dello studio, il riciclo è ormai una strada obbligata per rendere davvero sostenibile la transizione energetica. Ma restano problemi tecnici ed economici: i processi di recupero sono ancora costosi e non sempre garantiscono la purezza richiesta dall’industria. “Serve un impegno forte nella ricerca e nello sviluppo”, ammette Bontempi, “e anche una regolamentazione chiara che incentivi la raccolta e il trattamento dei rifiuti elettronici”.
Intanto, la domanda di batterie e pannelli solari continua a salire. Con essa, la pressione sulle risorse naturali. Solo una filiera più circolare – questo il messaggio dei ricercatori bresciani – potrà evitare che la soluzione contro il cambiamento climatico si trasformi in un nuovo problema ambientale.
