Roma, 15 novembre 2025 – Nei ghiacci dell’Artico, tra le vaste distese bianche delle Svalbard, non si sono trovati solo i soliti inquinanti come pesticidi e policlorobifenili, ma anche tracce di sostanze mai viste prima in queste zone remote: farmaci, prodotti per l’igiene personale, residui di cosmetici. A scoprire tutto questo è uno studio guidato dall’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isp) di Roma e Venezia, in collaborazione con l’Università di Perugia, pubblicato sulle riviste Environmental Research e Journal of Hazardous Materials. I campioni sono stati raccolti tra il 2022 e il 2023 alla stazione artica “Dirigibile Italia” a Ny-Ålesund, nell’arcipelago norvegese.
Contaminanti mai visti prima nei ghiacci artici
Il gruppo guidato da Luisa Patrolecco ha prelevato campioni di neve e carote di ghiaccio da tre ghiacciai dell’isola di Spitsbergen. Le analisi hanno confermato la presenza dei soliti pesticidi e policlorobifenili (PCB), sostanze vietate da anni per la loro tossicità e la loro capacità di restare nell’ambiente a lungo. Ma, come ha spiegato la ricercatrice, “sono spuntate anche tracce chimiche legate a farmaci, cosmetici e prodotti per la cura personale, spesso in quantità più alte rispetto agli inquinanti storici”. Un dato che ha sorpreso anche gli stessi studiosi.
Secondo i ricercatori, queste nuove sostanze – usate ogni giorno in tutto il mondo – stanno già entrando nei cicli naturali dell’Artico. Eppure, gli effetti sull’ambiente sono ancora in gran parte sconosciuti. “La neve artica cattura i contaminanti presenti nell’atmosfera”, ha spiegato Tanita Pescatore, co-autrice dello studio. “Il ghiaccio fa da memoria, conservando dentro di sé gli inquinanti accumulati nel tempo”.
Il riscaldamento globale rischia di farli tornare
Il fenomeno si inserisce in uno scenario già segnato dal riscaldamento globale. La fusione veloce dei ghiacci rischia di liberare di nuovo nell’ambiente queste sostanze, con conseguenze difficili da prevedere. “Con il cambiamento climatico”, ha avvertito Pescatore, “gli inquinanti possono tornare a circolare, contaminando acqua e terra”.
La presenza di contaminanti “di nuova generazione” – come li chiamano gli scienziati – apre dubbi urgenti su come regolamentare e monitorare le sostanze chimiche che finiscono nell’ambiente. “Non ci aspettavamo di trovare residui di farmaci o cosmetici in quantità così elevate”, ha ammesso Patrolecco. “Questo vuol dire che la diffusione è già avvenuta e serve una risposta veloce”.
Ambiente e salute sotto la lente
Le conseguenze della presenza di questi contaminanti emergenti nei ghiacci artici non sono ancora del tutto chiare. Alcuni studi suggeriscono che farmaci e prodotti per la cura personale possano influenzare gli organismi acquatici anche a basse dosi. Ma mancano dati certi sugli effetti a lungo termine su ecosistemi così fragili come quelli polari.
“Il nostro lavoro”, ha sottolineato Patrolecco, “dimostra che l’Artico non è più un ambiente incontaminato”. Gli scienziati chiedono ora di rafforzare le regole di controllo e di prestare più attenzione alle sostanze chimiche usate ogni giorno, anche quelle che sembrano innocue.
Un campanello d’allarme dal Nord estremo
La ricerca italiana si inserisce in un filone internazionale che da anni segue l’accumulo di inquinanti ai poli. Ma il dato emerso dalle Svalbard – la massiccia presenza di contaminanti mai visti prima – è un vero campanello d’allarme. “Solo allora ci si rende conto che le nostre abitudini quotidiane hanno effetti anche a migliaia di chilometri di distanza”, ha commentato un tecnico della stazione artica.
Il team del Cnr-Isp continuerà a seguire i ghiacciai delle Svalbard nei prossimi anni, per capire se la situazione peggiora. Nel frattempo, la comunità scientifica invita a non sottovalutare il problema: “Serve consapevolezza”, ha concluso Pescatore, “perché quello che finisce nell’ambiente oggi potrebbe tornare domani, anche dove meno ce lo aspettiamo”.
