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Roma in piazza contro la guerra: la benedizione di Parolin e le bandiere bruciate di Israele e Ue

Roma in piazza contro la guerra: la benedizione di Parolin e le bandiere bruciate di Israele e Ue

Roma in piazza contro la guerra: la benedizione di Parolin e le bandiere bruciate di Israele e Ue

Un caldo afoso ha avvolto Roma mentre centinaia di manifestanti si sono radunati per un corteo contro il riarmo europeo e il governo di Benjamin Netanyahu. I partecipanti, provenienti da diverse associazioni pacifiste e gruppi politici di sinistra, hanno sfilato per le strade della capitale italiana per esprimere il loro dissenso. Slogan come «Nessuna guerra, nessun soldato, fuori dalla guerra e fuori dalla Nato» e «Israele sionista, Stato terrorista» hanno risuonato nel centro di Roma, sottolineando la loro opposizione alle politiche militari attuali.

Il percorso del corteo e il momento del “die in”

Il corteo è partito da piazzale Ostiense e ha raggiunto il Colosseo, uno dei simboli più iconici della città, dove si è svolto un momento particolarmente toccante: un “die in”. I manifestanti si sono sdraiati su lenzuoli bianchi, mentre un audio amplificato riproduceva il suono assordante di un bombardamento su Gaza per quattro minuti. Questo gesto drammatico ha avuto l’intento di richiamare l’attenzione sull’orrore della guerra e sulla situazione tragica che vive il popolo palestinese. Al termine di questo momento, i partecipanti hanno osservato un minuto di frastuono, un atto simbolico per denunciare il silenzio percepito intorno al genocidio del popolo palestinese.

Critica ai politici italiani e simboli di oppressione

Il corteo non è stato solo un’espressione di solidarietà, ma anche un momento di critica feroce verso i politici italiani e le loro scelte in materia di politica estera. Le bandiere di Israele, dell’Unione Europea e della NATO sono state date alle fiamme, accompagnate da cartelli che accusavano i leader politici, come Giorgia Meloni ed Elly Schlein, di aver sostenuto la guerra. «Bruciamo i simboli dell’oppressione», hanno gridato i manifestanti, mentre un coro di protesta ha preso di mira anche il leader di Azione, Carlo Calenda: «Se si va in guerra, al fronte va Calenda».

Molti striscioni e cartelli esibivano le immagini di leader politici italiani, con accanto frasi che sottolineavano la loro complicità nella guerra. Accanto a Meloni e Schlein, anche altri nomi noti come Matteo Renzi, Giuseppe Conte e Mario Draghi sono stati tirati in ballo, con la frase provocatoria: «Nessuna delega a chi ha votato per la guerra». Questa mobilitazione ha visto la partecipazione di molti giovani e meno giovani, uniti dalla volontà di far sentire la propria voce contro la violenza e il militarismo.

La benedizione di Parolin e l’importanza del disarmo

In un contesto così teso, è giunta anche la benedizione del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede. A margine di un incontro legato al Giubileo dei governanti, Parolin ha dichiarato: «È bene che ci sia una mobilitazione in generale per evitare la corsa al riarmo». Le sue parole hanno rappresentato un importante sostegno morale per i manifestanti, evidenziando l’urgenza di una riflessione profonda sulle scelte politiche contemporanee. Parolin ha aggiunto che l’appello per il disarmo rientra in un più ampio discorso di responsabilità che la Chiesa sta portando avanti, sottolineando l’importanza di utilizzare i fondi destinati alla costruzione di armi per affrontare questioni urgenti come la fame nel mondo.

La manifestazione ha avuto un forte impatto visivo, con bandiere palestinesi a profusione e fumogeni che coloravano l’atmosfera di protesta. Questa presenza visiva ha avuto lo scopo di attirare l’attenzione dei passanti e dei media, amplificando il messaggio pacifista e di solidarietà. Inoltre, la scelta di un luogo emblematico come il Colosseo ha voluto sottolineare il contrasto tra la bellezza della storia e della cultura italiana e la brutalità della guerra.

La reazione del governo italiano e delle istituzioni europee a queste manifestazioni è stata oggetto di dibattito. Molti manifestanti hanno espresso la loro preoccupazione per il crescente militarismo in Europa, in un momento in cui le tensioni geopolitiche stanno aumentando. La guerra in Ucraina, le tensioni con la Russia e la situazione in Medio Oriente hanno messo in evidenza l’urgenza di un dibattito critico sulla pace e sul disarmo.

Il corteo di Roma si inserisce in un contesto più ampio di mobilitazione pacifista che ha visto anche altre città europee improvvisare eventi simili. Questo dimostra una crescente consapevolezza e desiderio di partecipazione da parte della società civile, che si sente sempre più coinvolta nelle decisioni di politica estera che influenzano direttamente le vite delle persone. La protesta contro il riarmo e le guerre in corso non è solo una questione di opinioni politiche, ma un appello all’umanità e alla solidarietà globale.