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Chirurga insultata in sala operatoria: la denuncia e la mancanza di scuse dall’Ordine dei medici

Chirurga insultata in sala operatoria: la denuncia e la mancanza di scuse dall'Ordine dei medici

Chirurga insultata in sala operatoria: la denuncia e la mancanza di scuse dall'Ordine dei medici

Un episodio sconvolgente ha scosso il Policlinico di Tor Vergata, a Roma, dove la dottoressa Marzia Franceschilli, chirurga con una solida formazione e specializzazione, ha subito insulti in sala operatoria da parte del primario Giuseppe Sica. La gravità di questa situazione è emersa il 6 giugno, quando un video dell’accaduto è diventato virale sui social media, suscitando indignazione tra i colleghi e l’opinione pubblica. In un’intervista al Corriere della Sera, Franceschilli ha condiviso la sua esperienza, esprimendo delusione per la mancanza di scuse e di una reazione ufficiale da parte dell’Ordine dei medici.

«Mi sarei aspettata parole e prese di posizione chiare da parte dell’Ordine dei medici e di alcune società scientifiche. Invece, ho trovato un silenzio inquietante. Sono vittima di un’ingiustizia, ma non mi arrendo», ha dichiarato la chirurga. La sua frustrazione è comprensibile, considerando l’importanza di un ambiente di lavoro in cui il rispetto e la professionalità siano la norma.

un problema più ampio nella chirurgia

Franceschilli ha messo in evidenza come questo episodio non debba essere considerato un semplice incidente isolato, ma piuttosto un sintomo di un problema più ampio nel mondo della medicina, in particolare nella chirurgia. «Non voglio che questo evento definisca la mia carriera», ha affermato, sottolineando il suo impegno e il suo percorso di studi, che include un master e un dottorato di ricerca in corso.

Inoltre, ha affrontato la questione di genere all’interno del suo settore, storicamente dominato dagli uomini. Franceschilli ha osservato come le donne che emergono in questo campo vengano spesso percepite come una minaccia. «Credo che il genere abbia un peso. Non in senso esclusivo, ma strutturale. La chirurgia è ancora un mondo fortemente maschile, con dinamiche di potere radicate, in cui troppo spesso l’autorità diventa autoritarismo», ha specificato. Questa affermazione evidenzia le problematiche di genere che persistono nel mondo medico e la necessità di un cambiamento culturale per garantire maggiore inclusione e rispetto per le professionalità femminili.

la lotta per un ambiente di lavoro equo

Franceschilli non è solo un volto in questa lotta; rappresenta una generazione di professionisti desiderosi di un ambiente di lavoro più equo e rispettoso. «Oggi mi sento ancora più motivata a costruire un ambiente di lavoro sicuro, giusto e aperto, soprattutto per le nuove generazioni di chirurghi», ha concluso. La sua determinazione è evidente e la sua testimonianza potrebbe diventare un catalizzatore per un cambiamento necessario.

Nonostante la decisione del collegio dei garanti di assolvere Sica, Franceschilli continua a lottare per la giustizia, dichiarando di avere «piena fiducia nella giustizia e nella Regione Lazio», che ha mostrato attenzione verso la gravità dell’accaduto. La sua speranza è che la verità emerga e che situazioni simili possano essere affrontate con la serietà che meritano.

un dibattito acceso tra professionisti e cittadini

L’episodio ha suscitato un dibattito acceso non solo tra i professionisti della salute, ma anche tra i cittadini, che si sono schierati in difesa della chirurga. Molti hanno espresso solidarietà sui social media, utilizzando hashtag di sostegno e condividendo storie simili di discriminazione e aggressione nel mondo del lavoro. La comunità medica e la società civile devono interrogarsi su come affrontare e prevenire simili comportamenti in futuro.

In aggiunta, la questione dell’Ordine dei medici è diventata centrale nel dibattito. La mancanza di una risposta chiara e di una presa di posizione formale ha sollevato interrogativi sulla responsabilità degli organismi professionali nel tutelare i propri membri e garantire un ambiente di lavoro rispettoso e professionale. Ci si aspetta che l’Ordine dei medici prenda posizione e si faccia portavoce di un cambiamento necessario per garantire diritti e dignità a tutti i professionisti della salute, indipendentemente dal genere.

La lotta di Franceschilli non è solo per se stessa, ma anche per tutti coloro che si trovano in situazioni simili, spesso in silenzio. La sua determinazione e il suo coraggio nel denunciare l’ingiustizia rappresentano una luce di speranza per il futuro della chirurgia e per le donne in medicina.