Il caso di Gianluca Soncin, accusato dell’omicidio della fidanzata Pamela Genini, continua a suscitare indignazione e tristezza. Il Gip di Milano, Tommaso Perna, ha convalidato il fermo dell’uomo, confermando tutte le aggravanti dell’accusa: premeditazione, stalking, futili motivi, crudeltà e relazione affettiva. Durante l’interrogatorio, Soncin ha scelto di non rispondere, rimanendo in silenzio come già aveva fatto dopo il suo arresto, avvenuto in ospedale dopo aver tentato di simulare un suicidio. La sua avvocata, Simona Luceri, ha dichiarato che Soncin non sembra lucido e non ha ancora preso consapevolezza della gravità della situazione in cui si trova.
Dettagli dell’omicidio
Il Gip ha stabilito che Soncin deve rimanere in carcere nel penitenziario di San Vittore, accogliendo la richiesta della pubblica accusa. L’ordinanza di custodia cautelare ha messo in evidenza come l’omicidio sia stato pianificato con largo anticipo. Secondo Perna, Soncin avrebbe preso un duplicato delle chiavi dell’abitazione di Pamela almeno una settimana prima del delitto, preparando così una vera e propria “spedizione premeditata”. Il movente, descritto come “futile e bieco”, è legato alla volontà di Soncin di mantenere la relazione con la giovane, che lui stesso non sembrava in grado di accettare, portando a conseguenze tragiche.
Rischi e dinamiche di controllo
Il giudice ha anche sottolineato il rischio che Soncin potesse colpire l’ex fidanzato di Pamela, che aveva mantenuto rapporti amichevoli con lei e che era in contatto telefonico con la ragazza poco prima dell’omicidio. Secondo il Gip, l’ex fidanzato era considerato un potenziale bersaglio per Soncin, il quale avrebbe potuto vederlo come un intruso nel suo possesso. La situazione evidenzia un chiaro schema di controllo e possessività, un aspetto che caratterizza molte relazioni abusive.
L’assenza di denunce e le conseguenze
L’assenza di denunce da parte di Pamela Genini ha colpito il giudice, che ha espresso rammarico per il fatto che la giovane non avesse mai formalizzato una richiesta di aiuto nonostante le precedenti minacce. Solo pochi giorni prima dell’omicidio, il 9 maggio, la Polizia era intervenuta a casa di Pamela dopo una sua richiesta di aiuto, ma in quell’occasione la giovane aveva minimizzato la situazione, descrivendo Soncin come un “amico” in difficoltà e non come un aggressore.
Le testimonianze raccolte dall’ex fidanzato di Pamela rivelano un quadro agghiacciante di violenze e minacce. L’uomo ha riferito di un episodio in cui Soncin aveva puntato una pistola al ventre di Pamela, aggiungendo che ci sarebbe stato anche un tentativo di accoltellamento in passato. L’indagine condotta dalla Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, sta cercando di approfondire eventuali denunce precedenti presentate da Pamela contro Soncin, dato che diverse persone del suo entourage hanno descritto un periodo di vessazioni e intimidazioni che si sono protratte per un anno e mezzo.
Il primo accertamento medico legale sul corpo di Pamela ha rivelato la presenza di almeno 24 coltellate, ma sarà l’autopsia, che verrà effettuata nei prossimi giorni, a fornire dettagli più precisi sul numero di colpi inferti e su quali siano stati letali. L’anatomopatologa Cristina Cattaneo sarà responsabile di questo delicato esame, mentre le forze dell’ordine continuano a raccogliere testimonianze per ricostruire gli eventi che hanno portato a questa tragedia.
La storia di Pamela Genini è un triste promemoria della violenza di genere e della necessità di una maggiore consapevolezza e intervento in situazioni di abuso. La mancanza di denunce e la paura che spesso accompagna queste situazioni evidenziano quanto sia fondamentale creare un ambiente in cui le vittime possano sentirsi sicure nel chiedere aiuto.
