Condanna per molestie: l’ex stalker di Vibo Valentia punito dopo due settimane di chiamate e messaggi incessanti

Condanna per molestie: l'ex stalker di Vibo Valentia punito dopo due settimane di chiamate e messaggi incessanti

Condanna per molestie: l'ex stalker di Vibo Valentia punito dopo due settimane di chiamate e messaggi incessanti

Matteo Rigamonti

Ottobre 24, 2025

La recente sentenza della Corte di Cassazione ha acceso un acceso dibattito sulle dinamiche delle molestie e sui confini tra affetto e invasività. Il caso, originato a Vibo Valentia, coinvolge un uomo che, tra il 13 e il 31 dicembre 2022, ha tempestato la sua ex compagna di telefonate e messaggi, cercando di convincerla a riprendere la loro relazione. Sebbene il suo comportamento non includesse insulti o minacce esplicite, è stato ritenuto una violazione della libertà personale della vittima, portando a una condanna per molestie.

La conferma della condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna emessa dal tribunale di Vibo Valentia, evidenziando che il semplice atto di contattare insistentemente una persona, anche in assenza di contenuti offensivi, può costituire molestia. Nella querela presentata dalla vittima, erano stati allegati numerosi messaggi che dimostravano una pressione continua e un’invasione della sfera privata, elementi considerati sufficienti dai giudici per configurare il reato di molestie.

Argomentazioni della difesa

La difesa dell’imputato ha cercato di sostenere che la durata del comportamento molesto fosse “solo” di due settimane e che la vittima non avesse mai bloccato il numero dell’uomo. Inoltre, è stata avanzata l’ipotesi che non ci fosse prova di un danno psichico immediato. Tuttavia, la Cassazione ha respinto queste argomentazioni, affermando che la molestia si realizza nel momento in cui la vittima percepisce il comportamento come invasivo, indipendentemente dalla durata della condotta e dall’effettivo danno psicologico.

Riflessioni sulla sentenza

Questa sentenza è di particolare rilevanza poiché sfida alcuni preconcetti comuni riguardo al concetto di molestia. Spesso si tende a pensare che debbano esserci minacce esplicite o insulti per poter parlare di molestie. In realtà, come stabilito dalla Corte, la molestia può manifestarsi anche attraverso comportamenti che, pur non essendo violenti nel senso tradizionale, risultano comunque invadenti e opprimenti. L’uso del telefono come strumento di contatto è stato considerato particolarmente invasivo, suggerendo che i mezzi moderni di comunicazione possono amplificare l’effetto di una condotta molesta.

Distinzione tra molestie e stalking

La distinzione tra molestie e stalking è un altro aspetto fondamentale emerso durante il processo. La Corte ha chiarito che il reato di molestie, ai sensi dell’articolo 660 del codice penale, deve essere distinto dallo stalking, regolato dall’articolo 612 bis. Lo stalking implica comportamenti più gravi, come minacce o molestie tali da generare un fondato timore per l’incolumità della vittima, costringendola a cambiare le proprie abitudini di vita. Il caso di Vibo Valentia, sebbene grave, è stato inquadrato nella prima categoria, evidenziando che non ogni comportamento molesto raggiunge il livello di stalking.

In conclusione, la sentenza della Cassazione sul caso di Vibo Valentia rappresenta un importante precedente giuridico e sociale. Essa invita a riflettere sui modi in cui le relazioni personali possono sfociare in dinamiche di potere e controllo, sottolineando l’importanza di rispettare sempre la libertà e la dignità dell’altro. La condanna non è solo una punizione per l’imputato, ma un messaggio chiaro: la legge è in grado di tutelare i diritti delle vittime e di intervenire contro comportamenti invasivi che minacciano la loro libertà personale.