Nel 2022, un giovane marocchino di 31 anni ha intrapreso un viaggio che lo ha portato lontano dalla sua terra natale, con la speranza di trovare lavoro e costruirsi un futuro migliore. Oggi, vive a Pergine Valsugana, un comune del Trentino-Alto Adige, dove lavora come operaio stradale. Tuttavia, la sua vita non è stata priva di difficoltà e ombre, legate a una credenza popolare che lo ha perseguitato sin dall’infanzia: quella di essere uno “Zouhri”. Questa etichetta, che implica di avere poteri soprannaturali, ha influito non solo sulla sua vita quotidiana, ma ha anche scatenato una serie di eventi drammatici, culminati nella sua richiesta di protezione internazionale.
La figura dello Zouhri nella cultura marocchina
La figura dello Zouhri è ben radicata nella cultura marocchina. Secondo alcune tradizioni, chi appartiene a questa categoria ha un sangue prezioso capace di rivelare tesori nascosti. Sebbene affascinante, questa credenza porta con sé un lato oscuro. Il 31enne ha raccontato di come, fin da piccolo, fosse oggetto di attenzioni indesiderate, persino di tentativi di rapimento. Tra i vari episodi, uno particolarmente inquietante si è verificato quando, all’età di pochi anni, un uomo lo ha avvicinato, affermando di aver visto una linea orizzontale sul suo palmo, considerata un segno distintivo degli Zouhri.
La paura dei rapimenti e le conseguenze
Questa storia di bambini rapiti, sfruttati per il presunto potere del loro sangue, è ancora viva in alcune aree rurali del Marocco. Famiglie intere vivono nella paura e, in alcuni casi, sono costrette a tenere i figli rinchiusi in casa per evitare il peggio. Il giovane marocchino ha raccontato ai giudici italiani che le sue esperienze non sono un caso isolato; molte famiglie sono terrorizzate e si sentono vulnerabili a causa di queste credenze.
La richiesta di asilo e il percorso legale
Arrivato in Italia con l’intento di costruirsi una vita migliore, il giovane ha presentato una richiesta di asilo politico alla Commissione territoriale di Verona. Tuttavia, la sua domanda è stata respinta, con le autorità italiane che hanno classificato il Marocco come un “Paese sicuro”. Questa decisione ha lasciato il giovane in una situazione precaria, costringendolo a cercare di dimostrare il contrario. Sostenuto dall’avvocato Michele Busetti, ha presentato ricorso, allegando documentazione e testimonianze riguardanti il suo passato e le discriminazioni subite nella sua comunità d’origine.
Il processo legale ha avuto un risvolto significativo: il Tribunale di Venezia ha sospeso il provvedimento di espulsione, riconoscendo la plausibilità dei rischi denunciati dal giovane. Questo significa che, per ora, potrà rimanere in Italia con un permesso di soggiorno temporaneo, almeno fino alla conclusione del suo iter legale. La decisione del tribunale rappresenta una luce di speranza per lui, ma la strada verso la protezione internazionale è ancora lunga e complessa.
La storia del marocchino è emblematica di una questione più ampia riguardante i migranti e i richiedenti asilo in Italia. Ogni anno, migliaia di persone fuggono da situazioni di pericolo nei loro Paesi d’origine, cercando rifugio e una vita migliore in Europa. Tuttavia, nonostante le leggi e le convenzioni internazionali che tutelano i diritti dei rifugiati, molti di loro si trovano a fronteggiare ostacoli insormontabili. La percezione che il proprio Paese d’origine sia “sicuro” può spesso ostacolare il riconoscimento dei diritti di protezione, a prescindere dalle esperienze individuali di violenza o persecuzione.
La vicenda del giovane marocchino non è solo una questione legata alla sua vita personale, ma solleva interrogativi più ampi sulla nostra società. Rappresenta i conflitti tra tradizione e modernità, tra credenze ancestrali e la realtà contemporanea. La paura che ha vissuto nella sua infanzia è un riflesso di un mondo in cui le superstizioni possono avere conseguenze tangibili e devastanti.
In questo contesto, è fondamentale che le istituzioni e la società civile lavorino insieme per garantire che le storie di persone come il 31enne marocchino non vengano ignorate. La sua richiesta di protezione internazionale è una richiesta di ascolto, di giustizia e di un futuro in cui possa vivere senza paura di essere perseguitato per ciò che è. La sua lotta è una lotta per la dignità, un diritto fondamentale che ogni essere umano merita, indipendentemente dalla propria origine o dalla propria storia.
